XENOBIOLOGIA

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    SWARM INTELLIGENCE - INTELLIGENZA DELLO SCIAME

    https://it.m.wikipedia.org/wiki/Swarm_intelligence



    La swarm intelligence (traducibile come: intelligenza dello sciame) è un termine coniato per la prima volta nel 1988 da Gerardo Beni, Susan Hackwood e Jing Wang in seguito a un progetto ispirato ai sistemi robotici. Esso prende in considerazione lo studio dei sistemi auto-organizzati, nei quali un'azione complessa deriva da un'intelligenza collettiva, come accade in natura nel caso di colonie di insetti o stormi di uccelli, oppure banchi di pesci, o mandrie di mammiferi.

    Secondo la definizione di Beni e Watt la swarm intelligence può essere definita come: “Proprietà di un sistema in cui il comportamento collettivo di agenti (non sofisticati) che interagiscono localmente con l'ambiente produce l'emergere di pattern funzionali globali nel sistema”.

    ogni individuo del sistema dispone di “capacità limitate”;
    ogni individuo del sistema non conosce lo stato globale del sistema;
    assenza di un ente coordinatore (ad esempio in uno sciame di api, l'ape regina non coordina l'attività delle altre api).

    Il progetto I-Swarm (Intelligent Small World Autonomous Robots for Micromanipulation), di cui fanno parte 10 partner europei, rappresenta il primo tentativo di replicare un robot autonomo di dimensioni millimetriche con lo scopo di realizzare "Uno sciame di microrobot". Tale sciame prende riferimento da ciò che viene in natura dando luogo a fenomeni di auto organizzazione. La Swarm Robotic (robotica di sciame) mira, infatti, alla programmazione di un grande gruppo di robot con il fine di organizzare comportamenti collettivi utili per lo scopo desiderato, evidenziando ciò che viene definita "intelligenza di sciame". La strategia adottata si basa sull'osservazione degli sciami in natura. I vantaggi principali sono i seguenti:
    Il progetto I-Swarm (Intelligent Small World Autonomous Robots for Micromanipulation), di cui fanno parte 10 partner europei, rappresenta il primo tentativo di replicare un robot autonomo di dimensioni millimetriche con lo scopo di realizzare "Uno sciame di microrobot". Tale sciame prende riferimento da ciò che viene in natura dando luogo a fenomeni di auto organizzazione. La Swarm Robotic (robotica di sciame) mira, infatti, alla programmazione di un grande gruppo di robot con il fine di organizzare comportamenti collettivi utili per lo scopo desiderato, evidenziando ciò che viene definita "intelligenza di sciame". La strategia adottata si basa sull'osservazione degli sciami in natura. I vantaggi principali sono i seguenti:
    Auto organizzazione;
    Flessibilità;
    Adattabilità (ambiente);
    Robustezza del sistema.

    In pratica prendono le migliori caratteristiche degli Swarm. Grazie a recenti sviluppi della miniaturizzazione e della microtecnologia, è stato possibile riuscire a produrre ed assemblare "masse di micro robot". Questa è una caratteristica fondamentale in quanto i micro robot hanno bisogno di operare in gruppo, al fine dello svolgimento di un compito. In futuro, grazie a tale tecnologia, si potrà utilizzare la Swarm Robotic in vari ambiti, come ad esempio:
    Monitoraggio ambientale (sia per quanto riguarda la sicurezza che per quanto riguarda l'esplorazione di luoghi inaccessibili all'uomo);
    Esplorazione spaziale;
    Assemblaggio di micro dispositivi;
    Biomedicina.
     
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    SWARM INTELLIGENCE: LA ROBOTICA DEGLI SCIAMI

    SwarmRobot_org

    Il lavoro di squadra ha da sempre avuto una grande importanza strategica e funzionale.

    In qualsiasi ambito, sia nello sport che nelle organizzazioni internazionali, si investe per migliorare il lavoro di gruppo.

    Uno studio sui Sistemi Auto organizzati ha ispirato, nel 1988, un progetto sui sistemi Robotici ad opera di tre ricercatori: Gerardo Beni, Susan Hackood e Jing Wang.

    Il progetto, dal nome I-Swarm (Intelligent Small World Autonomous Robots for Micromanipulation), parte dal principio secondo il quale un’azione complessa deriva da un’intelligenza collettiva, così come succede per gli insetti, ovvero, tra numerosi elementi paritari all’interno di un sistema, può emergere una nuova intelligenza superiore ad ogni singolo elemento.

    L’Intelligenza dello Sciame, infatti, prende spunto dal mondo naturale per ricavarne il meccanismo che regola la coordinazione tra gruppi di Robot.

    Prendendo in esame colonie di formiche ci si è accorti che l’organizzazione collettiva presenta caratteristiche importanti rispetto ad un atteggiamento assolutamente più limitato del singolo insetto.

    Le formiche alla ricerca di cibo esplorano il territorio e depositano una sostanza chimica, il feromone, che permette alle altre di ricostruire una mappa dei percorsi già battuti. Così facendo, nel tempo, consente di semplificare la strada per portare nutrimento al nido; la loro comunicazione, insomma, permette di trovare il percorso più breve.

    I ricercatori sono riusciti a riprodurre la comunicazione degli insetti basata sui feromoni.

    L’università di Lincoln ha sviluppato un sistema, chiamato COS-phi (Communication System via Pheromone), che può simulare i feromoni tramite uno schermo LCD e una videocamera con collegamento USB. Il sistema può simulare diversi feromoni che sono visibili grazie a delle tracce che lasciano sullo schermo e può cambiare la loro densità per consentire esperimenti controllabili. Il feromone replicato visibile sullo schermo viene rilevato dai sensori di luce dei robot che imitano il funzionamento delle antenne delle formiche.

    La natura, quindi, diventa fonte di grande ispirazione anche in un ambito come quello dell’Intelligenza Artificiale, inoltre:

    …ricava le intuizioni dai comportamenti e dalle capacità di coordinazione degli oggetti sociali, dove il successo di un gruppo per svolgere un compito si basa molto sulle interazioni dei suoi membri” – Farshard Arvin

    A questo punto vi chiederete a cosa siano servite tali ricerche e che benefici possa averne tratto l’uomo … ebbene, tale progetto ha realizzato uno sciame di Robot di dimensioni millimetriche, grazie ai recenti sviluppi della miniaturizzazione e della microtecnologia.

    La robotica degli sciami è lo studio di sistemi robotici costituiti da un grande numero di robot relativamente piccoli e semplici, che interagiscono e cooperano tra di loro, in modo da risolvere compiti che sono al di fuori delle proprie capacità individuali. Questi sistemi in genere presentano proprietà interessanti, come ad esempio un alto grado di parallelismo e di robustezza. Sono sistemi molto adattabili ai cambiamenti nell’ambiente e mostrano inoltre una buona scalabilità, ovvero hanno buone capacità di crescita.

    L’intenzione, dunque, è quella di costruire uno swarm-bot, composto da un numero di semplici robots, costruiti mediante l’utilizzo di componenti poco costosi, in grado di auto-organizzarsi e auto-assemblarsi per adattarsi all’ambiente in cui si trova.

    Sono stati progettati software per ottimizzare i tragitti di camion durante le consegne. Si tratta di tecniche per trovare in tempi brevi una soluzione adeguata.

    In futuro si prevede di impiegare tale tecnologia nel monitoraggio ambientale in diversi campi che andranno dalla biomedicina, applicata nella ricerca dei tumori, all’esplorazione spaziale.










     
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  4. KIARAREBEL
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    https://www.futuroprossimo.it/2021/05/il-p...-guidati-da-ai/

    IL PENTAGONO PRONTO ALL'USO DI SCIAMI DI DRONI E ROBOT DA GUERRA GUIDATI DA AI



    Il futuro della guerra potrebbe coinvolgere algoritmi avanzati di intelligenza artificiale (AI) con la capacità e l’autorità di valutare le situazioni e attaccare i nemici senza il controllo di esseri umani.

    Sembra il tipo di scenario di film Sci-fi come Terminator e Matrix. Una tecnologia avanzata al punto da prendere in mano la situazione scatenando robot da guerra durante un conflitto armato.

    Un futuro di robot da guerra che decidono da soli
    Il Pentagono studia scenari di combattimento in cui l’AI sarebbe autorizzata ad agire di propria iniziativa in base a esigenze preimpostate.
     
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    www.webmagazine24.it/xenobot-2-0-l...logici-viventi/
    Xenobot 2.0, la nuova versione dei robot biologici viventi


    Xenobot-2.0

    Ormai viviamo in un periodo storico in cui la fantascienza si fonde con la realtà. Basti pensare alle nanotecnologie, ai nanorobot, ai nanomateriali, ai microbot e a tanto altro. Tutte queste innovazioni sembravano essere pura fantasia qualche anno fa ma, con l’impegno, gli incentivi e la voglia di fare, sono diventate realtà; in grado di migliorare il mondo se utilizzate a fin di bene. A questo punto è giusto parlare degli Xenobot, veri e propri robot biologici viventi, e la loro ultima versione, gli Xenobot 2.0.

    Cosa sono gli Xenobot
    Prima di parlare della nuova versione degli affascinanti Xenobot, bisogna prima capire cosa sono.

    In poche parole questi nuovi e bizzarri esseri viventi sono delle nuove forme di vita create artificialmente in laboratorio. Sono stati messi a punto dai ricercatori dell’università del Vermont, negli Stati Uniti. La loro creazione è avvenuta utilizzando un particolare super computer (chiamato Deep Green, di proprietà dell’università citata poco fa).

    Questo super computer, dotato di una potenza strabiliante, tramite varie e complesse simulazioni ed algoritmi, ha progettato forme di vita nuove, partendo quasi dal nulla. Dopo moltissimi calcoli evolutivi, errori e prove, il super computer è riuscito a generare forme di vita simulate (scartando quelle non idonee e conservando quelle capaci di muoversi ed appunto vivere). In seguito, questo super computer ha ulteriormente migliorato, perfezionato e selezionato le nuove forme di vita fino ad arrivare ad un punto massimo di “creazione”, e questo punto sono esattamente gli Xenobot.

    La messa a punto degli Xenobot
    Successivamente, dopo la creazione virtuale e simulata da parte del super computer, gli scienziati della Tufts University hanno letteralmente assemblato, tramite microchirurgia, questi Xenobot; utilizzando cellule staminali embrionali bioingegnerizzate di rana Xenopo liscio, chiamata scientificamente Xenopus laevis; ecco da dove deriva il nome degli Xenobot.

    Le cellule prelevate dagli embrioni in fase di Blastula (ovvero nella fase sferica) di rana Xenopo liscio sono quelle ectodermiche (dello strato esterno dell’embrione) e miocardiociti (della parte muscolare del cuore in fase embrionale). Le cellule ectodermiche servono come struttura rigida per gli Xenobot mentre i miocardiociti servono come “propulsori” per far muovere questi esseri viventi.

    Incredibilmente il risultato è che gli studiosi hanno creato dei veri e nuovi esseri viventi partendo quasi da zero (e mai visti in natura) e che vivono secondo i calcoli degli scienziati e quindi programmabili come robot.

    Questi esseri viventi sono grandi all’incirca 1mm, e possono vivere fino a dieci giorni, ovvero fin quando durano i nutrienti nelle cellule staminali; ovviamente gli Xenobot possono essere inseriti in “zuppe nutritive di lipidi, proteine e carboidrati” e “ricaricarsi” fino a quando i tessuti non cedono. Una loro bizzarra caratteristica è che se feriti non gravemente, gli Xenobot possono autoripararsi. I primi Xenobot sono stati creati ad inizio 2020, mentre di recente sono stati progettati gli Xenobot 2.0, una nuova versione aggiornata.

    Gli Xenobot aggiornati: ecco gli Xenobot 2.0
    Di recente gli studiosi che hanno realizzato i primi Xenobot sono riusciti a creare una nuova versione migliorata. La versione Xenobot 2.0. Questi nuovi esseri viventi artificiali chiamati Xenobot 2.0 riescono, rispetto ai primi Xenobot, a muoversi più velocemente, a spostarsi facilmente in ambienti diversi, ad essere programmati meglio e ad avere una vita più lunga.

    Gli Xenobot 2.0 hanno sviluppato anche una sorta di ciglia per facilitare i propri movimenti. Infatti i nuovi Xenobot non sono creati tramite un diretto assemblamento microchirurgico, ma dando modo, agli stessi Xenobot 2.0, di autogenerarsi (ovviamente sempre tramite gli “input” del super computer Deep Green) utilizzando ugualmente le cellule staminali manipolate tramite ingegneria genetica degli embrioni di rana Xenopo liscio.

    In questo modo i nuovi Xenobot hanno sviluppato altre caratteristiche molto particolari, come le già citate ciglia in grado di far muovere gli Xenobot 2.0 senza l’utilizzo dei miocardiociti. Inoltre, come la versione precedente, anche gli Xenobot 2.0 possono autoripararsi, in modo ancor più efficiente.

    Il vero prodigio degli Xenobot 2.0
    Uno dei punti forti degli Xenobot 2.0, se non la caratteristica principale, è una memoria di base in grado di memorizzare un bit o alcuni bit di informazioni. Un’interessante dote che nasce da una proteina di natura fluorescente chiamata EosFP. Tale proteina normalmente si illumina di verde, ma può emettere un colore rosso se esposta ad una luce con lunghezza d’onda di 390 nm.

    Per donare una memoria di base agli Xenobot 2.0 gli esperti hanno quindi iniettato nelle cellule degli embrioni di rana l’RNA messaggero che codifica quella proteina che consente agli Xenobot 2.0 di registrare l’esposizione alla luce blu a circa 390 nm.

    Per capire e testare la reale capacità di memoria degli Xenobot 2.0, gli scienziati li hanno fatti nuotare intorno ad una superficie dove un punto è stato illuminato con un fascio di luce a 390 nm.

    Dopo due ore, hanno scoperto che tre robot emettevano luce rossa. Il restante invece luce verde. Questo dimostra che quelli che emettevano luce rossa hanno memorizzato la luce a 390 nm.

    Con successivi studi si possono creare Xenobot in grado di memorizzare maggiori informazioni sia sulla luce che sull’ambiente esterno e successivamente iniziare ad avere consapevolezza di sé stessi ed un’intelligenza propria sottoforma di una coscienza primordiale (la coscienza può essere definita come un’evoluzione massima delle cellule, che appunto riescono a creare una coscienza, un’anima).

    Del resto come i robot artificali (o altri dispositivi elettronici) anche i robot biologici devono essere in grado di avere una memoria interna; in grado poi di far muovere gli Xenobot in base all’ambiente esterno e a far comprendere la realtà.

    Altre interessanti caratteristiche degli Xenobot 2.0
    Oltre alla memoria interna e all’autogenerazione, gli Xenobot 2.0 presentano altre innovazioni. Tra queste va citata la capacità di attraversare con precisione piccoli tubi (che simulano vene, capillari ed arterie); da citare anche la miglior efficienza nell’eseguire ordini e compiti, una maggior autonomia ed anche la capacità di muoversi su più grandi superfici piane. Ma non finisce qui.

    Il super computer Deep Green è riuscito a massimizzare gli Xenobot 2.0 anche per il lavoro di squadra in diverse situazioni; creando come un’unica macchina biologica. Ovviamente senza dimenticare la salvaguardia di ogni singolo Xenobot 2.0, del resto il bene di un gruppo deriva dal bene del singolo e dell’individuo, e non viceversa. Così facendo gli scienziati sono riusciti a creare veri e propri sciami di Xenobot 2.0 che collaborano (ognuno con le proprie peculiarità e i propri ruoli) in modo organizzato per compiere un compito. Nelle sperimentazioni gli Xenobot 2.0 sono stati utilzzati per ripulire particelle di ossidi di ferro; ma possono ripulire anche altri tipi di rifiuti.

    Gli utilizzi degli Xenobot 2.0
    Gli Xenobot 2.0 sono un grandissimo passo per la scienza perché uniscono informatica, ingegneria genetica e robotica ai massimi livelli e in un connubio perfetto. Vista la loro incredibile innovazione, gli Xenobot 2.0 possono essere utilizzati per svariati compiti.

    Innanzitutto possono trasportare delle medicine direttamente nel corpo umano per una determinata malattia; possono anche eliminare parti di tumori, pulire le arterie, fare piccoli interventi chirurgici, riparare organi o ossa e tanto altro. Dato che gli Xenobot 2.0 riescono a completare meglio i compiti; e a muoversi con più facilità in luoghi impervi, sono ottimi per curare determinate malattie; evitando tutti gli effetti collaterali di medicine, vaccini e prevenzioni varie. Grazie anche alla “memoria interna biologica” gli Xenobot 2.0 potrebbero riconoscere un determinato problema e prendere autonomamente le giuste decisioni in base anche ai vari stimoli.

    Gli Xenobot 2.0 possono essere utilizzati anche per ambiti non medici e quindi eliminare microplastiche dagli oceani ed anche cercare e catturare, in acqua, nel terreno ed altro, vari tipi di rifiuti (tra cui quelli radioattivi o quelli pericolosi; soprattutto in zone delicate come la Terra Dei Fuochi, dove la camorra, la mafia ed altre organizzazioni deviate hanno interrato rifiuti pericolosi, coi relativi danni atroci). Anche in questo caso la memoria e l’intelligenza degli Xenobot 2.0 possono rendere più efficiente la funzione di “spazzino” di questi esseri viventi artificiali.

    Capire il senso della vita

    Un altro utilizzo utile, se non uno dei più importanti, può essere quello di capire di più su come è nata la vita e l’origine della nostra esistenza. Oltre anche alle varie interazioni tra cellule. Infatti si può comprendere di più, in modo dettagliato, sul più grande mistero e sulla più grande meraviglia dell’universo: la vita.

    Inoltre si può utilizzare il metodo di creazione degli Xenobot per “stampare oppure creare nello stesso corpo umano” organi umani da trapiantare ed evitare le controversie e i rischi (tipo eventuali rigetti) dei classici trapianti di organi.

    Gli utilizzi possono essere tanti e col tempo si possono capire. Sicuramente in futuro gli Xenobot saranno perfezionati, rendendoli molto più efficienti, autonomi, veloci, sensibili, comunicativi, capaci di registrare molte informazioni, organizzati e migliori. La ricerca è sulla buona strada.

    I difetti dei robot biologici viventi
    Giunti a questo punto si può capire che gli Xenobot e gli Xenobot 2.0 sono una grandissima invenzione e un passo importante nella scienza. Ma come in ogni cosa anche questa invenzione va utilizzata a fin di bene. Bisogna evitare di utilizzare gli Xenobot come arma biologica (non è un caso che l’organo militare statunitense DARPA ha finanziato questo progetto, ma si spera bene). Inoltre nuove forme di vita artificiali possono sfuggire al controllo umano e creare danni; infatti ogni invenzione va fatta con disciplina, rigore e serietà.

    Le evoluzioni e le mutazioni degli Xenobot possono comportare problemi di bioetica; del resto fare il gioco di Dio (che alla fine Dio è la natura, l’universo e tutto ciò che esiste) è molto pericoloso. Ma col giusto rispetto si può trovare un ottimo equilibrio. Infatti è giusto fare scoperte e creare cose futuristiche per il bene di tutti, ma bisogna avere tutto sotto controllo e porsi dei giusti limiti.

    Noi siamo umani e dobbiamo trovare la nostra tranquillità, la nostra armonia e la nostra evoluzione. Tutto deve essere sicuro e non bisogna perdere il controllo, sono pur sempre nuove tecnologie e nuove creature viventi.

    I benefici degli Xenobot
    I pregi degli Xenobot sono tanti; si va da utilità in ambiti medici fino ad ambiti ambientali e di ricerca scientifica. In fondo il super computer Deep Green è una sorta di “macchina della vita” e può essere molto utile.

    Altro pregio è che, come quasi ogni forma di vita e diversamente dai robot completamente artificiali, anche gli Xenobot hanno un proprio metabolismo. Ne consegue che quando uno Xenobot assimila un agente inquinante può scinderlo e disgregarlo naturalmente tramite il suo metabolismo e quindi eliminarlo definitivamente e naturalmente; senza dover ricorrere a successivi smaltimenti.

    Inoltre gli Xenobot sono anche biocompatibili (ovvero che non danneggiano le forme di vita ed anzi, possono essere anche d’aiuto) e biodegradabili. Sono una grande invenzione.

    Gli Xenobot quindi, se utilizzati a fin di bene, sono molto utili; ma come ogni cosa vanno gestiti ed organizzati con disciplina, rispetto, morale, onestà, intelligenza, educazione e coscienza.


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    Intelligenza artificiale dello sciame e il potere dell'elemento umano
    www.cob.calpoly.edu/newsevents/art...-human-element/
    Swarm-Intelligence-696x435

    Di Christina Arthur

    In che modo i team aziendali possono potenziare la propria intelligenza collettiva? Questa è una domanda a cui il dottor Lynn Metcalf dell'Orfalea College of Business di Cal Poly e il dottor David Askay del dipartimento di comunicazione di Cal Poly hanno cercato di rispondere quando hanno collaborato con il dottor Louis Rosenberg, fondatore di Unanimous AI, un'azienda tecnologica con sede nella Silicon Valley, in un nuovo articolo sull'intelligenza artificiale dello sciame.

    Il documento di 26 pagine, che è stato pubblicato nella California Management Review della Haas School of Business di Berkeley, è intitolato "Keeping Humans in the Loop: Pooling Knowledge through Artificial Swarm Intelligence per migliorare il processo decisionale aziendale". Fondamentalmente, introduce l'intelligenza artificiale dello sciame come una tecnologia di collaborazione in grado di migliorare l'intelligenza artificiale tradizionale sfruttando il potere collettivo del cervello umano.

    Approfondisce anche come i team aziendali possono trarre vantaggio dalla tecnologia Swarm AI, aumentando la loro intelligenza rispetto ai metodi tradizionali per creare strumenti efficienti per un'ampia gamma di applicazioni, dalla previsione delle risorse finanziarie, alla previsione delle vendite attraverso l'ottimizzazione dell'input di gruppo.



    “Lo strumento Swarm AI è un modo per integrare sia gli esseri umani che l'apprendimento automatico per prendere una decisione insieme. [L'obiettivo] è quello di mantenere gli esseri umani nel giro e di avere una sorta di influenza sui risultati".



    Come spiega Askay, l'intelligenza artificiale di solito opera su dati preesistenti ricevuti dall'apprendimento automatico e sui modelli che identifica, un processo che in genere rimuove l'input umano dall'equazione. "Ci sono alcune preoccupazioni sulla rimozione delle persone da questo processo", afferma, "quindi lo strumento Swarm AI è un modo per integrare sia gli esseri umani che l'apprendimento automatico per prendere una decisione insieme. [L'obiettivo] è quello di mantenere gli esseri umani nel giro e di avere una sorta di influenza sui risultati.

    Spiega inoltre che questo elemento umano è una componente importante, poiché la mente possiede intuizione e conoscenza implicita che è difficile da articolare. A volte, ad esempio, anche quando si soppesano decisioni complesse, una persona agirà con l'intuizione o l'istinto di prendere la decisione giusta, ma non è sicuro del perché. In uno scenario ideale, queste conclusioni si basano sull'esperienza e sulla conoscenza accumulata. Swarm AI consente di ascoltare questi istinti, senza il disordine umano di dover spiegare il ragionamento alla base di ogni decisione.

    Metcalf aggiunge che questo strumento è diverso dalle altre IA perché coinvolge gli esseri umani in un processo decisionale collaborativo. In alcuni casi, dice, ha dimostrato che gli esseri umani, quando uniamo la nostra intelligenza, sono capaci di una maggiore saggezza o intelligenza collettiva rispetto all'apprendimento automatico. Dice anche che in un primo momento, il concetto di intelligenza artificiale dello sciame è stato concepito come un tipo di strumento divertente e collaborativo che i gruppi in rete potrebbero utilizzare all'interno delle chat room per prendere rapidamente decisioni e convergere sulle previsioni di gruppo, con team di studenti dell'Orfalea College che identificano all'esterno- applicazioni the-box per la tecnologia.

    "Poi Unanimous AI ha ottenuto risultati davvero interessanti sulle previsioni per eventi come gli Oscar e il Kentucky Derby Superfecta", afferma, "e ha iniziato a decollare come uno strumento decisionale rigoroso che può essere utilizzato per le previsioni in situazioni aziendali. "

    Dice anche che lo strumento Swarm AI può prevedere una vasta gamma di risultati perché non è specifico per argomento, pesando sui risultati delle World Series per prevedere quali squadre trionferanno, così come casi di utilizzo aziendale come quali maglioni venderanno , o quali film avranno i migliori risultati al botteghino.



    "L'intelligenza artificiale unanime ha ottenuto risultati davvero interessanti sulle previsioni per eventi come gli Oscar e il Kentucky Derby Superfecta e ha iniziato a decollare come strumento decisionale rigoroso che può essere utilizzato per le previsioni in situazioni aziendali".



    Secondo Metcalf, gli strumenti di intelligenza artificiale di Swarm sono attualmente utilizzati in tasche di industrie, in particolare nelle organizzazioni finanziarie per prevedere i mercati. Dice di credere fermamente che la tecnologia abbia il potenziale e la capacità di essere ampiamente utilizzata e che il futuro di Swarm AI dipende da quanto profondamente le aziende integrano lo strumento nelle loro attività quotidiane, che ovviamente dipende dai team che sperimentano risultati del mondo reale che convalidano guadagni prestazionali.

    “Come outsider, è facile diventare scettici al riguardo”, dice Askay, “che penso sia l'ostacolo più grande. È proprio come quando arriva un nuovo prodotto. Ci vuole un po' di tempo per adattarsi".

    Metcalf e Askay esprimono entrambi la loro speranza per il futuro dell'intelligenza artificiale dello sciame e per come la sua integrazione potrebbe affrontare alcune preoccupazioni sull'intelligenza artificiale e il suo rapido avanzamento. "C'è un senso di urgenza nel tenere gli umani al corrente dell'intelligenza artificiale", afferma Metcalf, "in modo che gli umani non siano relegati a eseguire la volontà delle macchine".

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    SITO UFFICIALE AIFA:
    https://www.aifa.gov.it/-/dal-dna-artifici...che-regolatoria

    DAL DNA ARTIFICIALE NUOVE SPERANZE PER LA SCIENZA, ANCHE REGOLATORIA

    intelligenza-artificiale-1

    "Se leggi un libro che è stato scritto con quattro lettere, non sarai in grado di raccontare molte storie interessanti. Se hai a disposizione più lettere, potrai inventare nuove parole, trovare nuovi modi per utilizzarle e probabilmente sarai in grado di raccontare storie più interessanti”. Ma se la storia di cui ci occupiamo è la storia della vita, allora quelle lettere in più possono riscriverla in forme ed espressioni fino ad oggi neppure immaginabili.

    La metafora è di Denis Malyshev, uno dei biologi del Dipartimento di Chimica dell’Istituto di Ricerca Scripps di La Jolla, in California, che, guidati da Floyd Romesberg, sono riusciti a costruire in laboratorio due basi di DNA artificiali, in grado di essere accolte in una cellula. I risultati di questo lavoro sono stati pubblicati qualche giorno fa su Nature (“A semi-synthetic organism with an expanded genetic alphabet”), suscitando clamore non solo tra gli scienziati.

    Per miliardi di anni, la storia della vita è stata scritta con solo 4 lettere: A, T, C e G (adenina, timina, citosina e guanina): le basi azotate che compongono i nucleotidi del DNA. Nei filamenti complementari del DNA la guanina è sempre appaiata alla citosina e l’adenina alla timina, formando coppie di basi (G-C e A-T) che hanno essenzialmente la stessa forma e ingombro sterico. Tutte le forme di vita conosciute contengono e trasmettono di generazione in generazione le informazioni genetiche usando le basi che si trovano negli acidi nucleici.

    Con la creazione di una cellula vivente che ha nel suo genoma due basi di DNA artificiali, l’alfabeto della vita si arricchisce adesso di due nuove lettere. Poiché la vita sulla terra è biochimicamente stabile, la possibilità di alfabeti alternativi richiede solide prove sperimentali. È proprio quanto è avvenuto in questo studio, che ha dimostrato come un paio di basi sintetiche possano replicarsi stabilmente in un batterio di Escherichia Coli.

    “Poco dopo la scoperta del DNA – scrivono Ross Thyer e Jared Ellefson, biologi dell’Università del Texas, in un editoriale (“Synthetic biology: New letters for life's alphabet”) pubblicato su Nature contestualmente allo studio principale – si era supposto che analoghi delle basi naturali potessero formare una terza coppia funzionale. Passarono quasi 30 anni prima che i progressi nella sintesi organica e lo sviluppo di metodi per l'ampliamento del DNA consentissero agli scienziati di esplorare questa ipotesi. Nel 1989, Steven Benner e il suo team sintetizzarono una coppia di basi formata da isomeri di guanina e citosina e dimostrarono in vitro la replicazione, la trascrizione e persino la traduzione di sequenze di DNA che incorporavano questa coppia di basi. Nel 1995 si scoprì che i legami d’idrogeno tra le basi non sono un requisito assoluto per il legame complementare, e che possono essere sostituiti dalla compatibilità sterica e dalle interazioni idrofobiche. Ciò culminò nello sviluppo indipendente di tre paia di basi altamente ortogonali, ciascuna capace di una fedeltà di replicazione in vitro superiore al 99%. Malyshev e colleghi descrivono adesso lo sviluppo di un batterio capace di replicare fedelmente un plasmide - una piccola molecola circolare di DNA - contenente la coppia di basi idrofobiche d5SICS: DNAM, creando così il primo organismo in grado di ospitare un alfabeto genetico ingegnerizzato e ampliato”.

    "OGGI ABBIAMO UNA CELLULA VIVENTE CHE CONTIENE LETTERALMENTE INFORMAZIONI GENETICHE IN PIU'", dice Romesberg. LUI E IL SUO TEAM HANNO INDIVIDUATO UN PAIO DI BASI COMPATIBILI CON GLI ENZIMI CHE SI OCCUPANO DI COPIARE E TRADURRE IL CODICE DEL DNA. LAVORANDO CON REAZIONI IN PROVETTA, SONO RIUSCITI A OTTENERE UNA COPPIA DI BASI SINTETICHE IN GRADO DI RICOPIARSI E DI ESSERE TRASCRITTE NELL'RNA.

    La prima sfida per la creazione di questa vita aliena – scrive Ewen Callaway nel suo editoriale “First life with “alien” DNA” era far in modo che le cellule accettassero le basi estranee, condizione necessaria per mantenere la molecola nel DNA durante i ripetuti cicli di divisione cellulare, nei quali il DNA viene copiato. Gli scienziati hanno raggiunto l’obiettivo modificando geneticamente un batterio di Escherichia coli. Hanno creato un plasmide contenente un’unica coppia di basi esterne e l’hanno introdotto nelle cellule di Escherichia coli. Un’alga unicellulare (la diatomea) ha fornito il nutrimento ai nucleotidi esterni e il plasmide è stato copiato e trasmesso alle cellule in divisione del batterio per quasi una settimana. Quando la fornitura si è esaurita, i batteri hanno sostituito le basi esterne con quelle naturali.

    L’obiettivo di diversi gruppi di ricerca è adesso indurre le cellule a produrre in autonomia le nuove basi, senza aver bisogno di importarle dall’esterno. Il team di Romesberg sta lavorando invece per far sì che il DNA artificiale codifichi proteine che contengono aminoacidi diversi dai 20 che costituiscono quasi tutte le proteine naturali. Gli aminoacidi sono codificati da catene di tre lettere di DNA, per cui l'aggiunta di altre due "lettere" aumenterebbe notevolmente la capacità delle cellule di codificare nuovi aminoacidi.

    “Il passo successivo – scrivono Thyer ed Ellefson – sarà quello di garantire il mantenimento a lungo termine. Può darsi che il meccanismo biologico utilizzato da Malyshev e colleghi nell’Escherichia coli consentirà all'organismo di adottare senza difficoltà le basi artificiali come parte del proprio alfabeto genetico. Se così fosse, si aprirebbero prospettive finora inimmaginabili per l'ingegneria genetica umana. Ma forse l’applicazione ultima di tali coppie di basi – concludono i due scienziati – sarà quella di aggiungere nuovi codoni (triplette di nucleotidi che codificano gli amminoacidi incorporati nelle proteine) al codice genetico attraverso interazioni codone-transfer-RNA. Si espanderebbe così notevolmente il numero di codoni disponibili cui possono essere assegnate nuove funzioni traslazionali, come ad esempio la codifica di amminoacidi non standard, e si eviterebbe ai biologi sintetici di dover ricodificare le funzioni traslazionali dei codoni esistenti attraverso una accurata ingegneria del genoma. In altre parole, un alfabeto genetico esteso contribuirà a costruire un alfabeto traslazionale espanso”.

    Il lavoro condotto dai biologi americani è stato accolto con grande entusiasmo negli ambienti scientifici. Le applicazioni in medicina non saranno immediate e richiedono ulteriori sviluppi della ricerca. Potenziali applicazioni potrebbero essere, in ambito farmacologico, l'incorporazione in una proteina di un amminoacido in grado di riconoscere e uccidere solo le cellule tumorali, e, in ambito diagnostico, lo sviluppo di aminoacidi fosforescenti che potrebbero aiutare gli scienziati a monitorare particolari reazioni biologiche al microscopio. Nuovi scenari da esplorare e nuove sfide per la Scienza, anche regolatoria.
     
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  8. KIARAREBEL
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