BANCA DATI: FAGO M13 - Collegato a Morgellons - I computer superveloci del futuro funzioneranno grazie a un virus biologico

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    https://it.wikipedia.org/wiki/Fago_M13

    FAGO M13



    Il Fago M13 è un fago filamentoso, è costituito da DNA a singolo filamento ed è maschio-specifico perché penetra nella cellula ospite attraverso il pilus.

    Ciclo vitale
    Il fago M13 assorbe sul pilus attraverso una proteina del capside Gp3. Il filamento di Dna che penetra nella cellula è a singolo filamento ed è chiamato "+ strand". Una volta entrato nella cellula il DNA viene convertito in una molecola circolare a doppio filamento chiamata "Replicative form" (RF). Il DNA ds viene più volte replicato e contemporaneamente vengono trascritti i geni che codificano per le proteine strutturali del fago. Quando sono state sintetizzate circa 100-200 copie del fago, il prodotto del gene 5 (Gp5) si lega ai filamenti + ss e impedisce che vengano replicati. I filamenti possono così interagire con la membrana della cellula attraverso Gp7 e Gp9 e una volta preso contatto Gp5 viene rimpiazzato da Gp8 e Gp3. Il fago così assemblato viene estruso dalla cellula senza lisarla.

    Replicazione del genoma
    Il Dna del fago che entra nella cellula è a singolo filamento e viene chiamato " + strand". Appena penetrato, l'RNA polimerasi della cellula ospite sintetizza un primer all'origine di replicazione. La DNA polimerasi III dell'ospite inizia a sintetizzare il filamento complementare che viene definito "- strand". Quando Pol III incontra il primer dissocia dal DNA. La DNA Pol I con attività 5' esonucleasica rimuove il primer e riempie il "gap". Infine la Ligasi salda i due tratti di DNA. La sintesi del filamento - dà origine ad un DNA a doppio filamento chiamato "Replicative form". I due filamenti - e + della RF sono poi replicati separatamente e con due meccanismi differenti. Il prodotto del gene 2 è una endonucleasi che produce un nick sul filamento + della RF e rimane attaccata al fosfato in 5' lasciando l'estremità 3' libera. La proteina Rep dell'ospite è una elicasi che aiuta a svolgere il DNA all'altezza del nick. La DNA Pol III dell'ospite utilizza l'estremità 3' libera come primer per la sintesi di un nuovo filamento + mentre il vecchio viene rimosso. Una volta completata la replicazione si ottengono due molecole di DNA: una circolare a doppio filamento e una a singolo filamento dove Gp2 salda le estremità 5' e 3' con una reazione di transesterificazione e ricrea un filamento circolare +. Tale processo continua fino a quando comincia ad accumularsi Gp5. Questa proteina si lega al DNA single-strand + e impedisce che venga ulteriormente replicato.

    M13 come vettore di clonaggio
    Poiché il DNA di M13 è a singolo filamento, questo batteriofago rappresenta un conveniente vettore per il clonaggio del DNA. La lunghezza del suo genoma non è fissa e per questo è in grado di accettare DNA estraneo senza compromettere la vitalità del fago. Un particolare vettore di clonaggio che sfrutta il ciclo vitale del fago M13 è chiamato "Phagemid".

    Il Phagemid è una molecola circolare di DNA a doppio filamento che contiene un'origine di replicazione plasmidica (Ori V) e l'origine di replicazione di M13 ma non contiene i geni che codificano per le proteine strutturali del fago. Nel phagemid può essere clonata una sequenza di DNA di interesse e che si desidera venga espressa in una popolazione di cellule sfruttando l'infezione fagica. Poiché il phagemid contiene solo l'origine di replicazione fagica non è in grado di generare le proteine strutturali necessarie per l'assemblamento del fago e per il packaging del dna al suo interno. Per questo motivo viene utilizzato l'Helper Phage M13K07. Tale fago contiene una origine di replicazione e codifica per tutte le proteine strutturali del fago. Quando le cellule contenenti il Phagemid vengono superinfettate con M13K07, Gp2 riconosce come origine fagica quella presente sul Phagemid che di conseguenza viene replicato ed impaccato insieme alle proteine strutturali codificate dall'Helper Phage.


    www.ilfattoquotidiano.it/2018/12/0...ogico/4820258/#

    I computer superveloci del futuro funzioneranno grazie a un virus biologico

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    I ricercatori del MIT e dell'Università di Singapore hanno trovato il modo per produrre memorie a cambiamento di fase che renderanno i computer molto più veloci di quelli attuali. Come? Usando un virus biologico.

    Anche se i computer moderni sembrano velocissimi, la realtà è che i sistemi elettronici, al loro interno, registrano dei piccolissimi ritardi (tecnicamente lag) che frenano le prestazioni complessive. In particolare, quando i computer memorizzano i dati si fermano per un attimo impercettibile. Per innalzare la velocità di elaborazione bisognerebbe eliminare queste pause. Alcuni ricercatori hanno avuto un’idea decisamente singolare: usare un virus. Non un virus per computer, ma uno tradizionale, tipo quello del raffreddore per intenderci.

    L’idea è venuta a un gruppo di ricerca composto da studiosi del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e della Singapore University of Technology and Design. Come accennato, hanno mescolato il silicio (il componente con cui sono realizzati i chip) con la biologia – un virus appunto. Per capire perché ci sia bisogno di un virus, bisogna prima comprendere alcuni dei passaggi che i dati effettuano all’interno dei computer.

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    Normalmente le informazioni si muovono dal supporto di archiviazione alla memoria RAM, da questa alla CPU, e viceversa. I rallentamenti si verificano fra la memoria RAM e il supporto di archiviazione, che può essere il classico disco fisso o un supporto SSD, cioè un’unità di memoria a stato solido. La RAM è molto veloce, ma trattiene le informazioni solo finché è alimentata. Dischi e SSD sono più lenti, ma conservano i dati anche in assenza di energia. Sono quindi indispensabili entrambi. A meno che non si sostituiscano tutti e due con una memoria a cambiamento di fase, che è sia veloce, sia capace di trattenere i dati a lungo.

    Per realizzarla però c’è un ostacolo che sembrava insormontabile. La memoria a cambiamento di fase si produce usando l’antimoniuro di gallio, un materiale binario (non è l’unico) che ha due effetti collaterali. Il primo è che aumenta i consumi, il secondo è che diventa instabile intorno ai 346 gradi. Nella fase di produzione si raggiungono temperature anche maggiori. Si possono usare altri materiali, che hanno lo stesso problema.

    Al MIT i ricercatori hanno cercato di aggirare l’ostacolo produttivo chiamando in causa il virus M13. È un batteriofago, ossia un virus che sfrutta i batteri come macchinari per replicarsi. A quanto pare, M13 è utile per la realizzazione di memoria a cambiamento di fase. Impiegato per estrarre le particelle di antimoniuro di gallio, riesce a ricomporle in nanofili, mantenendo temperature inferiori a quella di 346 gradi. In altre parole, il componente rimane stabile e può essere usato.

    In questa fase della ricerca parliamo di una soluzione a livello sperimentale. Per arrivare a una produzione su larga scala, che permetta di impiegare questo metodo nella produzione di massa, ci vorranno ancora anni di ricerca. La scoperta però è notevole, tanto da essersi meritata la pubblicazione sulla prestigiosa rivista ACS Applied Nano Materials. La prospettiva futura è che un giorno avremo sistemi elettronici notevolmente più veloci, a beneficio di tutto quello che ne fa uso, dagli smartphone ai supercomputer.





    https://it.wikipedia.org/wiki/Batteriofago...el%20citoplasma.

    BATTERIOFAGO

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    Un batteriòfago o fago è un virus che infetta esclusivamente i batteri e sfrutta il loro apparato biosintetico per effettuare la replicazione virale. L'infezione virale del batterio ne causa la morte per lisi, ossia mediante rottura della membrana plasmatica dovuta all'accumulo della progenie nel citoplasma.

    I batteriofagi sono composti da proteine che incapsulano un genoma a DNA o a RNA; esso può avere strutture semplici o elaborate. I loro genomi possono codificare fino a quattro geni (ad esempio MS2) e fino a centinaia di geni. I fagi si replicano all'interno del batterio dopo l'iniezione del loro genoma nel citoplasma . Inoltre, i batteriofagi sono tra le entità più comuni e diverse nella biosfera; essi sono presenti ovunque si trovino batteri. Si stima che ci siano più di 1031 batteriofagi sul pianeta, più di ogni altro organismo terreste, compresi i batteri, combinati.

    Una delle maggiori fonti naturali di fagi e altri virus è l'acqua di mare, dove sono stati trovati fino a 9x108 virioni per millilitro in tappeti microbici in superficie,[4] inoltre fino al 70% dei batteri marini può essere infetto da fagi.

    I fagi sono stati usati dalla fine del XX secolo come alternativa agli antibiotici sia nell'ex Unione Sovietica sia nell'Europa centrale, nonché in Francia. Sono visti come una possibile terapia contro i ceppi multi-farmaco-resistenti di molti batteri (vedi terapia fagica). D'altra parte, i fagi di Inoviridae hanno dimostrato di complicare i biofilm coinvolti nella polmonite e la fibrosi cistica e di proteggere i batteri dai farmaci destinati a debellare le malattie, promuovendo così un'infezione persistente.

    Struttura
    I batteriofagi più complessi, come quelli della serie T (ad esempio il fago T2), hanno forma di spillo. La testa costituisce il capside e racchiude l'acido nucleico; al di sotto di essa vi è una sorta di collare, cui è attaccata una coda, la quale termina all'estremità basale con 5-6 filamenti detti fibre caudali.

    image.axd?picture=2019%2F1%2FBy_Andrea_Danti-1

    Replicazione
    Il batteriofago attacca il batterio fissando le fibre caudali su un punto preciso della sua membrana cellulare. Con un meccanismo di contrazione inietta al suo interno il proprio acido nucleico, mentre l'involucro proteico rimane all'esterno.
    Una volta penetrato, il genoma fagico può seguire due vie:[11]

    nel ciclo litico utilizzerà l'apparato di replicazione dell'ospite per produrre nuove particelle fagiche fino al raggiungimento del volume di scoppio, momento in cui la cellula si disgregherà per lisi;
    nel ciclo lisogeno il genoma fagico si integrerà in un punto specifico (attλ, nel caso del fago λ) del cromosoma batterico. In questo stato integrato il fago viene chiamato profago e, ogni qual volta il cromosoma batterico si replica, verrà replicato anche il genoma fagico. Il batterio che contiene il profago viene detto "lisogeno". Lo stato di profago viene mantenuto da una specifica proteina prodotta dal fago; l'allontanamento di questo repressore induce il passaggio verso il ciclo litico.

    Il batteriofago attacca il batterio fissando le fibre caudali su un punto preciso della sua membrana cellulare. Con un meccanismo di contrazione inietta al suo interno il proprio acido nucleico, mentre l'involucro proteico rimane all'esterno.
    Una volta penetrato, il genoma fagico può seguire due vie:

    nel ciclo litico utilizzerà l'apparato di replicazione dell'ospite per produrre nuove particelle fagiche fino al raggiungimento del volume di scoppio, momento in cui la cellula si disgregherà per lisi;
    nel ciclo lisogeno il genoma fagico si integrerà in un punto specifico (attλ, nel caso del fago λ) del cromosoma batterico. In questo stato integrato il fago viene chiamato profago e, ogni qual volta il cromosoma batterico si replica, verrà replicato anche il genoma fagico. Il batterio che contiene il profago viene detto "lisogeno". Lo stato di profago viene mantenuto da una specifica proteina prodotta dal fago; l'allontanamento di questo repressore induce il passaggio verso il ciclo litico.



    www.molecularlab.it/news/view.asp?n=7174&toDsk=yes

    BATTERIOFAGO M13 AUMENTA L'EFFICIENZA DEL FOTOVOLTAICO

    IL VIRUS M13 MODIFICATO GENETICAMENTE RIESCE A ISOLARE LE DUE COMPONENTI DEI NANOTUBI DELLE CELLE FOTOVOLTAICHE AUMENTANDO QUASI DEL 10% LA PRODUZIONE DI ENERGIA

    LEGANERD_029332

    Gli scienziati del MIT hanno scoperto che utilizzando un virus, l'M13 che è solito infettare i batteri, si può controllare l'assemblamento dei nanotubi sulla superficie di una cella fotovoltaica. I nanotubi di carbonio vengono disposti sulle celle con una configurazione doppia: una parte presenta della proprietà di un metallo, l'altra proprietà di semiconduttore.

    L'inserimento di grappoli di M13 potrebbe permettere di isolare le due porzioni, evitando così che queste abbiano degli effetti contrastanti sulla trasformazione in energia dei raggi solari.
    Grazie all'utilizzo di questo virus geneticamente modificato, che non comporta alcun cambiamento nella produzione delle celle fotovoltaiche, il team di ricerca del MIT ha riportato i risultati degli esperimenti che mostrano un aumento dell'efficienza nella produzione di energia pari al 8-10,6%.

    Redazione MolecularLab.it (06/05/2011)
    Pubblicato in Genetica, Biologia Molecolare e Microbiologia
    Tag: M13, fotovoltaico, solare, energia rinnovabili, virus, fago


    www.fastweb.it/internet/batterie-virus/

    I virus nel futuro delle batterie: come verranno create

    virus%20m13

    Un team di ricerca degli Stati Uniti è riuscito a modificare il DNA di un virus per creare batterie senza impiegare reagenti chimici

    Le batterie agli ioni di litio sono già oggi, e lo saranno ancor più in futuro, le componenti più importanti per determinare le prestazioni e il prezzo sia dei dispositivi elettronici che delle auto elettriche. Più energia si può immagazzinare in una batteria, al costo più basso possibile, più i device e le auto potranno esprimere le proprie potenzialità per un tempo più lungo senza costare un occhio della testa.

    Gli investimenti in sviluppo e ricerca sulle batterie, per questo, a livello globale sono letteralmente esplosi negli ultimi dieci anni. Ma la produzione di accumulatori, per l'elettronica e per i veicoli elettrici, ancora oggi si basa su processi costosi, che richiedono molta energia e che sono impossibili senza l'uso dei pericolosi agenti chimici necessari a fissare sugli anodi e catodi delle batterie (rispettivamente il polo negativo e quello positivo) i materiali rari che li compongono. Come litio, cobalto, lantanio, nichel, manganese, titanio.
    Ma quest'ultimo problema potrebbe essere risolto da una avveniristica ricerca portata avanti da Angela Belcher, professoressa di bioingegneria al Massachusetts Institute of Technology di Cambridge (USA), che è riuscita a usare i virus per costruire anodo e catodo delle batterie. Ecco come.

    Operai zombie
    I virus, biologicamente, sono come degli zombie: non sono né vivi né morti. Un virus contiene un frammento di DNA, cioè del codice genetico che secondo gli scienziati segna la linea di confine tra gli esseri viventi e il mondo inanimato. Ma un virus non è in grado di replicarsi (e quindi di diffondere il suo DNA) senza "attaccare" una cellula vivente. Il meccanismo di riproduzione dei virus è infatti noto: si aggrappano alla parete di una cellula, riescono (ogni virus in un modo diverso dall'altro) a penetrarla e, una volta dentro, usano la cellula stessa per replicare il proprio DNA. La cellula, compromessa, diventa una "fabbrica di virus" che poi iniziano a circolare nell'organismo attaccato e continuano a riprodursi seguendo questo schema.




    L'idea della Belcher è che sia possibile usare questa capacità dei virus di "attaccare" e "attaccarsi" a qualcosa per estrarre gli elementi chimici necessari a costruire anodo e catodo. In questo modo sarebbe possibile creare una struttura composta da virus e litio, cobalto o uno degli altri elementi chimici necessari e impacchettare tale struttura al fine di creare, appunto, i due elettrodi di una batteria. I virus, insomma, farebbero il "lavoro sporco" al posto dei costosi e inquinanti processi industriali tradizionali.

    Il team della Belcher è riuscito a modificare geneticamente un determinato tipo di virus, il Fago M13 che normalmente attacca dei batteri, affinché si fissi a determinati materiali. Questi virus svolgono il loro compito abbastanza efficacemente, creando delle strutture che sono utilizzabili all'interno delle batterie in sostituzione di quelle normalmente realizzate con i già descritti processi industriali. Tutto ciò avviene a temperatura ambiente e con il solo uso di acqua come terreno di coltura dei virus, senza dover impiegare grandi quantità di energia né pericolosi prodotti chimici.

    batteria-auto

    Quando arriveranno le batterie basate sui virus
    Il procedimento messo a punto dalla Belcher abbina sequenze di DNA con elementi della tavola periodica per creare una forma accelerata di "selezione naturale". Così è possibile causare l'adesione di un virus solo al fosfato di ferro, ma se il codice genetico viene modificato, il virus potrebbe aderire solo all'ossido di cobalto e la tecnica potrebbe essere estesa a qualsiasi elemento chimico o molecola: si tratta solo di trovare la sequenza di DNA giusta.


    Angela Belcher ha mostrato un primo prototipo di queste batterie già nel lontano 2009, addirittura all'allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che ha inserito il team della professoressa tra i beneficiari di un fondo da 2 miliardi di dollari per stimolare la ricerca su nuove tecnologie per le batterie. Oggi la Belcher è in grado di creare oltre 150 virus diversi, ognuno in grado di fissarsi ad un diverso elemento chimico, ma la tecnologia non è ancora pronta per essere utilizzata su vasta scala fuori da un laboratorio. Il problema principale è che i virus sono dei buoni operai, ma non sono molto ordinati: creano delle strutture sempre diverse, difficili da gestire in una produzione di massa. "Il mio laboratorio è focalizzato sul provare ad ottenere la tecnologia più pulita e ordinata possibile" spiega la Belcher, che poi aggiunge: "Non stiamo cercando di competere con la tecnologia attuale. Stiamo invece cercando di rispondere alla domanda: la biologia può essere utilizzata per risolvere alcuni problemi che non sono stati risolti finora?".


    https://en.wikipedia.org/wiki/Filamentous_bacteriophage

    Batteriofago filamentoso

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    Il batteriofago filamentoso è una famiglia di virus ( Inoviridae ) che infettano i batteri . I fagi prendono il nome dalla loro forma filamentosa, una catena vermiforme (lunga, sottile e flessibile, che ricorda una lunghezza di spaghetti cotti), di circa 6 nm di diametro e lunga circa 1000-2000 nm. [1] [2] [3] [4] [5]Il rivestimento del virione comprende cinque tipi di proteine ​​virali, che si trovano durante l'assemblaggio dei fagi nella membrana interna dei batteri ospiti e vengono aggiunte al virione nascente mentre estrude attraverso la membrana. La semplicità di questa famiglia lo rende un interessante sistema modello per studiare aspetti fondamentali della biologia molecolare e si è anche dimostrato utile come strumento in immunologia e nanotecnologia.
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    https://patents.google.com/patent/US20070232790?oq=fago+m13
    Produzione di anticorpi anti-auto da repertori di segmenti di anticorpi e visualizzati sul fago
    US200702322790A1
    stati Uniti
    Applicazione US11/625.769 eventi
    1991-12-02
    Priorità a GB919125579A
    1999-08-10
    Primo contenzioso familiare in tutto il mondo archiviato
    2007-01-22
    Domanda presentata dal Medical Research Council, Cambridge Antibody Technology Ltd
    04-10-2007
    Pubblicazione di US20070232790A1
    Stato
    Abbandonato

    CI sono svariati FAGO ,vedere qui da brevetto. MrNA incluso e si parla di ospiti inoltre (Morgellons,si ricollega anche la questione dei cicli)

    Astratto
    Sono descritti metodi per la produzione di anticorpi anti-auto e frammenti di anticorpi, che sono anticorpi o frammenti di una particolare specie di mammifero che legano antigeni auto di quella specie. I metodi comprendono la fornitura di una libreria di pacchetti di visualizzazione genetica replicabili (rgdps), come il fago filamentoso, ogni rgdp che mostra sulla sua superficie un membro di una specifica coppia di legame che è un anticorpo o un frammento di anticorpo e ogni rgdp contenente una sequenza di acido nucleico derivata da una specie di mammifero. La sequenza di acido nucleico in ciascun rgdp codifica una catena polipeptidica che è una parte componente del membro sbp visualizzato sulla superficie di tale rgdp. I frammenti di anticorpo anti-self vengono selezionati legandosi con un antigene self di dette specie di mammifero. I frammenti anticorpali visualizzati possono essere scFv, Fd, Fab o qualsiasi altro frammento che ha la capacità di legare l'antigene. Le librerie di acidi nucleici utilizzate possono essere derivate da sequenze del gene V riarrangiate di mammiferi non immunizzati. Le biblioteche sintetiche o artificiali sono descritte e si sono dimostrate utili.

    Descrizione
    [0001]
    Questa è una continuazione della domanda statunitense co-pendente Ser. 10/326.495 depositato il 19 dicembre 2002 (consentito) che è una continuazione della domanda statunitense Ser. 09/197.224, depositato il 20 novembre 1998, ora brevetto statunitense n. 6.521.404, che è una continuazione della domanda statunitense n. 08/244.597, depositato il 2 dicembre 1992, ora brevetto statunitense n. 5.885.793, che a sua volta è una fase nazionale statunitense di PCT/GB92/02240, depositata il 2 dicembre 1992, che rivendica la priorità a GB 9125579.4 depositata il 2 dicembre 1991, GB 9125582.8 depositata il 2 dicembre 1991, GB 9206318.9 depositata il 24 marzo 1992, GB 9206372.6 depositata il 24 marzo 1992 e PCT/GB92/01755 depositata il 23 settembre 1992. Ciascuna delle precedenti domande è qui incorporata per riferimento.
    [0002]
    La presente invenzione riguarda l'isolamento di molecole anticorpali dirette contro antigeni self, ad esempio anticorpi umani diretti contro antigeni self umani. La tecnologia di visualizzazione dei fagi per la selezione di molecole anticorpali è stata descritta in WO92/01047, PCT/GB92/00883, PCT/GB92/01755 e GB9206372.6. I richiedenti si sono resi conto che gli anticorpi diretti contro antigeni self possono essere isolati utilizzando la tecnologia del phage display.
    [0003]
    Gli autoanticorpi umani sono di particolare valore per scopi terapeutici e diagnostici in vivo, poiché evitano i problemi derivanti dall'antigenicità di anticorpi estranei, ad esempio anticorpi di topo. Gli anticorpi umani più utili per la terapia sono quelli diretti contro molecole di superficie cellulare, come recettori, adesine e integrine, e quelli diretti contro molecole effettrici biologiche circolanti, come ormoni, fattori di crescita e citochine. È stato estremamente difficile ottenere anticorpi umani contro tali antigeni self. Questa invenzione fornisce un modo potente per ottenere tali anticorpi.
    [0004]
    È un compito impegnativo isolare un frammento di anticorpo con specificità contro l'antigene self. Gli animali normalmente non producono anticorpi contro antigeni self, un fenomeno chiamato tolleranza (GJ Nossal Science 245 147-153, 1989). Le malattie autoimmuni possono derivare da una rottura della tolleranza. In generale, la vaccinazione con un autoantigene non determina la produzione di anticorpi circolanti. È quindi difficile aumentare gli anticorpi contro gli antigeni self, in particolare negli esseri umani. È possibile aumentare gli anticorpi che riconoscono gli antigeni umani in un animale come un topo, specialmente se l'antigene umano non è troppo strettamente correlato a nessun equivalente nell'animale. Se è quindi necessario un anticorpo umano, è necessario "umanizzare" l'anticorpo, ad esempio mediante innesto di CDR (brevetto GB2188638B).
    [0005]
    La tecnologia degli anticorpi fagici come descritta in (WO92/01047) offre la capacità di isolare tali anticorpi umani direttamente in questa applicazione, dimostriamo per la prima volta che gli anticorpi contro gli auto-antigeni possono essere isolati da librerie fagiche derivate, ad esempio, da fonti non immunizzate e da librerie preparate mediante ricombinazione sintetica di sequenze del gene V, preferibilmente ricombinazione di VH con, DH e JH, e VL con sequenze JL. Questi anticorpi sono specifici per il loro antigene. Questa applicazione mostra che le singole librerie derivate in questo modo possono fungere da fonte di antigeni sia estranei che autonomi e apre la prospettiva di una grande libreria universale per isolare gli anticorpi contro qualsiasi antigene.
    [0006]
    È stato descritto nella domanda di brevetto WO92/01047 che frammenti di anticorpo possono essere visualizzati sulla superficie del batteriofago e che si legheranno all'antigene. I frammenti di anticorpi possono essere selezionati direttamente utilizzando questa caratteristica. Questa capacità di isolare frammenti di anticorpi (Fab, Fv, scFv e VH) utilizzando la loro visualizzazione sulla superficie del batteriofago filamentoso ha aperto la prospettiva dell'isolamento di specificità anticorpali (cioè anticorpi diretti contro un particolare antigene) che erano difficili o impossibili isolare in precedenza. In particolare WO92/01047 dimostra che le specificità anticorpali possono essere isolate da un essere umano che non è stato specificamente immunizzato ("non immunizzato"), anche specificità per antigeni come il 2-fenil-5-ossazolone a cui gli esseri umani non saranno normalmente esposti.
    [0007]
    Nelle forme di realizzazione di questa invenzione, i repertori di anticorpi naturali o sintetici derivati ​​da una specie di mammifero, come uomo, topo, ratto, pecora, maiale, capra, cavallo o altro, vengono visualizzati sulla superficie di un pacchetto di visualizzazione genetica replicabile (rgdp) e la specificità di legame per self è selezionata legandosi all'antigene self. In questo processo, i repertori di geni V sono derivati ​​da geni V riarrangiati in vitro o in vivo e/o per mutazione di (a) geni V riarrangiati. Una caratteristica chiave dei repertori del gene V è che sono estremamente diversi nella sequenza, solitamente superiori a 10 6membri diversi. In effetti è possibile che una libreria sufficientemente ampia possa fornire una fonte di specificità dirette contro qualsiasi antigene self. I repertori del gene V sono clonati nel rgdp (ad esempio un vettore fago filamentoso) in modo tale che i repertori anticorpali siano visualizzati sulla superficie del rgdp. I rgdps che codificano le rare specificità anticorpali che si legano all'antisé, possono essere selezionati in virtù del legame all'antigene self. I repertori anticorpali possono essere clonati in un formato di replicone singolo o doppio come descritto in W092/01047 e PCT/GB92/00883.
    [0008]
    I geni V possono essere clonati nel materiale genetico del rgdp, ed espressi come singoli domini, ad esempio domini variabili a catena pesante singola, i cosiddetti ligandi a dominio singolo o "dAbs" (vedi WO90/01544), o come anticorpi associati pesanti e domini variabili della catena leggera.
    [0009]
    I due domini potrebbero essere visualizzati come catene polipeptidiche separate (legate come nei frammenti Fab attraverso un'associazione non covalente di domini e/o legami disolfuro), o come parte della stessa catena (frammenti Fv a catena singola in cui i due domini sono contenuti all'interno del stessa catena polipeptidica).
    [0010]
    In W092/01047 e negli esempi da 1 a 8 di questa domanda abbiamo usato la fusione di frammenti di anticorpo con la proteina del gene 3 di batteriofago filamentoso per la visualizzazione e la selezione di frammenti di anticorpo. Un approccio alternativo sarebbe quello di fondere frammenti di anticorpi alla proteina del gene 8 o ad altre molecole di superficie del batteriofago filamentoso.
    [0011]
    L'isolamento di anticorpi umani diretti contro antigeni umani è un compito impegnativo. Esiste solo un numero limitato di antigeni umani contro i quali si trovano naturalmente anticorpi umani circolanti. Sono presenti anticorpi diretti contro antigeni non self di origine umana. Anticorpi diretti contro il gruppo sanguigno umano B sono stati isolati da una libreria di visualizzazione fagica preparata da soggetti del gruppo sanguigno O (JD Marks et al, J. Mol. Biol. 222 581-597, 1991), che riconoscono l'antigene del gruppo sanguigno B come straniera.
    [0012]
    La presente invenzione riguarda un metodo generale per l'isolamento di anticorpi diretti contro antigeni self che sono specifici per l'antigene in questione. Molti pazienti mostrano concentrazioni significative di autoanticorpi circolanti. Si stima che dal 10 al 30% dei linfociti B in individui normali e sani siano coinvolti nella produzione di autoanticorpi (IR Cohen e A. Cooke Immunol. Today 7 363-364, 1986). Tuttavia, gli 'autoanticorpi naturali' prodotti non si prestano all'uso terapeutico in quanto sono spesso IgM, a bassa affinità e polireattivi (P. Casali e AL Notkins Ann. Rev. Immunol. 7 515-531, 1989; S. Avrameas Immunol. Oggi 12 154-159). Una risposta immunitaria contro il sé può insorgere in una malattia autoimmune o dopo infezioni e alcuni anticorpi monoclonali diretti contro antigeni del sé sono stati isolati da pazienti con malattia autoimmune (K. James & GT Bell J. Immunol. Methods 100 5-40, 1987). Questi autoanticorpi sono spesso specifici, ma possono legarsi solo a una gamma limitata di epitopi sull'antigene (M. Bouanani et al. Arthritis Rheum. 34 1585-1593, 1991).
    [0013]
    La preparazione di librerie geniche V derivate dall'mRNA di plasmacellule che secernono anticorpi IgG (o IgM) può quindi portare all'isolamento di frammenti anticorpali derivati ​​da autoanticorpi. Ad esempio, gli anticorpi anti-auto potrebbero essere isolati da pazienti con malattie autoimmuni, ad esempio gli anticorpi anti-recettore dell'acetilcolina dovrebbero essere isolati da repertori di anticorpi prodotti dall'mRNA di IgG di pazienti con miastenia grave. Ad esempio, un frammento di anticorpo specifico per la perossidasi tiroidea umana è stato isolato da una libreria di batteriofagi lambda da un paziente con malattia autoimmune della tiroide (S. Portolano et al Biochem. Biophys. Res. Commun. 179 372-377, 1991). Ciò tuttavia ha richiesto un ampio screening di 200.000 placche per ottenere un clone. Inoltre, questa libreria è stata derivata da tessuto tiroideo,
    [0014]
    Al contrario, il potere di selezione disponibile utilizzando il sistema fagico, dimostrato in WO92/01047, consente il pronto isolamento di autoanticorpi dall'mRNA di IgM dei linfociti del sangue periferico di un donatore senza malattia. Mostriamo nell'esempio 2 che gli anticorpi che si legano alla tireoglobulina umana (che possono essere trovati nei sieri di persone con o senza malattia autoimmune sintomatica), possono essere isolati da repertori di fagi preparati da esseri umani non immunizzati. Non ci si aspetterebbe necessariamente di essere in grado di ottenere anticorpi contro la tireoglobulina umana immunizzando un essere umano con la tireoglobulina umana, nonostante la presenza di autoanticorpi per la tireoglobulina in molte persone. È stato spesso riportato che gli autoanticorpi contro la tireoglobulina nei sieri normali hanno un alto grado di polireattività (S. Avrameas, 1991 supra). In contrasto,
    [0015]
    In questa applicazione, dimostriamo anche che anche gli anticorpi contro il fattore di necrosi tumorale umano-a possono essere isolati come descritto nell'esempio 1 dalla stessa libreria degli anticorpi diretti contro la tireoglobulina. Molti antigeni self non hanno autoanticorpi circolanti associati rilevabili. Inoltre, l'esempio 3 mostra l'isolamento di anticorpi contro gli antigeni self mucina, antigene carcinoembrionario (CEA) e CD4, anticorpi per i quali non sono stati riportati nei sieri normali. Inoltre, questi anticorpi sono specifici, mentre spesso si riscontra un alto grado di polireattività negli autoanticorpi naturali che a volte si possono riscontrare. La stragrande maggioranza degli autoantigeni non ha autoanticorpi circolanti associati rilevabili.
    [0016]
    L'origine dei geni V che contribuiscono agli anticorpi anti-auto isolati dalle librerie di visualizzazione dei fagi non è chiara. La tolleranza agli antigeni self da parte del sistema immunitario (impedendo la generazione di anticorpi diretti contro di essi) è mediata dalla delezione clonale o dall'inattivazione funzionale (anergy) dei linfociti B autoreattivi (DA Nemazee & K. Burki Nature 337 562-566, 1989 ; CC Goodnow et al Nature 334 676-682, 1988; SB Hartley et al Nature 353 765-769, 1991; DM Russell et al Nature 354 308-311, 1991). In entrambi i casi, per la maggior parte degli antigeni è rilevabile una piccola quantità di anticorpi anti-self circolanti. Tuttavia, in caso di anergia, le cellule autoreattive funzionalmente inattivate della linea cellulare B persistono negli organi linfoidi periferici che portano alle cellule B in circolazione. Questi rari linfociti con specificità anti-self possono fornire partner di catene pesanti o leggere (o anche entrambi) per anticorpi fagici con specificità anti-self. In alternativa, tali specificità anti-sé possono derivare dalla combinazione nella libreria di un dominio VH con un dominio VL per dare una specificità che normalmente viene cancellata se si verifica in natura. Per questo motivo, le librerie combinatorie e le librerie "chain-shuffled" come descritte nelle domande di brevetto WO92/01047 possono essere una fonte particolarmente ricca di anticorpi anti-auto. Per ottenere questi rari anticorpi anti-self è necessaria una procedura di selezione di grande potenza, come quella fornita dagli anticorpi fagici. tali specificità anti-auto possono derivare dalla combinazione nella libreria di un dominio VH con un dominio VL per dare una specificità che normalmente viene cancellata se si verifica in natura. Per questo motivo, le librerie combinatorie e le librerie "chain-shuffled" come descritte nelle domande di brevetto WO92/01047 possono essere una fonte particolarmente ricca di anticorpi anti-auto. Per ottenere questi rari anticorpi anti-self è necessaria una procedura di selezione di grande potenza, come quella fornita dagli anticorpi fagici. tali specificità anti-self possono derivare dalla combinazione nella libreria di un dominio VH con un dominio VL per dare una specificità che normalmente viene cancellata se si verifica in natura. Per questo motivo, le librerie combinatorie e le librerie "chain-shuffled" come descritte nelle domande di brevetto WO92/01047 possono essere una fonte particolarmente ricca di anticorpi anti-auto. Per ottenere questi rari anticorpi anti-self è necessaria una procedura di selezione di grande potenza, come quella fornita dagli anticorpi fagici.
    [0017]
    Il grado di mutazione somatica osservato nei frammenti di anticorpi antiself isolati con la tecnologia dei fagi in questa applicazione indica che alcuni hanno sequenze germinali e sono quindi derivati ​​da cellule B vergini. Altri anticorpi isolati dalla tecnologia degli anticorpi fagici in questa applicazione mostrano un'ipermutazione somatica che indica che i geni V sono stati stimolati dall'antigene, un antigene cross-reattivo estraneo o altri antigeni estranei. In entrambi i casi i frammenti anticorpali isolati utilizzando la tecnologia fagica saranno solitamente una combinazione di domini VH e VL non originariamente presenti nei linfociti B e il potere della tecnologia fagica, come descritto in questa domanda, consente il loro isolamento.
    [0018]
    Secondo la presente invenzione viene fornito un metodo per ottenere un membro di una specifica coppia di legame (membro sbp), il quale membro sbp ha un sito di legame per l'antigene con specificità di legame per un antigene che è un autoantigene di una specie di mammifero, il metodo comprendente:
    (a) fornire una libreria di pacchetti di visualizzazione genetica replicabili (rgdps), ogni rgdp che mostra sulla sua superficie un membro sbp e ogni rgdp contenente acido nucleico con sequenza derivata da dette specie di mammifero e codificante una catena polipeptidica che è una parte componente di il membro sbp visualizzato sulla superficie di tale rgdp;
    (b) selezionare, legandosi con detto autoantigene, uno o più membri sbp con specificità di legame per detto autoantigene.
    [0021]
    La parte componente polipeptidica codificata dall'acido nucleico in ciascun rgdp può essere un dominio VH o VL di un anticorpo, o qualsiasi parte di un anticorpo che, da sola o in combinazione con una o più altre parti componenti, forma un frammento di anticorpo che è in grado di legare un antigene. Esempi di catene polipeptidiche che possono essere utilizzate come parti componenti di un membro sbp come sopra descritto includono pertanto, oltre ai domini VH e VL, V L C L , V H C H 1, frammenti scFv, frammenti Fab e così via.
    [0022]
    Ciascuno detto membro sbp visualizzato sulla superficie di un rgdp può essere un frammento di anticorpo comprendente un dominio V H e un dominio V L.
    [0023]
    Ciascun frammento di anticorpo può essere un frammento scFv, un frammento Fab, un frammento Fv costituito dal dominio V L e V H di un singolo braccio di un anticorpo, un ligando di legame a un singolo dominio costituito essenzialmente da o comprendente un dominio variabile a catena pesante ( Fd), o qualsiasi altro frammento che ha la capacità di legare un epitopo o un antigene.
    [0024]
    La fase di fornire una libreria di rgdps può comprendere:
    combinando (i) una prima parte componente della catena polipeptidica di un membro sbp fusa con un componente di un rgdp che mostra così detta prima parte componente della catena polipeptidica o sua popolazione sulla superficie di rgdps all'espressione in un organismo di una cellula ospite ricombinante, o una popolazione di tale prima parte componente della catena polipeptidica fusa a detto componente di un rgdp, con (ii) una seconda parte componente della catena polipeptidica di un membro sbp o una popolazione di tale seconda parte componente della catena polipeptidica, per formare una libreria di membri sbp visualizzato sulla superficie di rgdps;
    almeno una di detta prima o seconda parte componente della catena polipeptidica o sue popolazioni essendo codificata da acido nucleico che è in grado di essere confezionato utilizzando detto componente di un rgdp.
    [0027]
    La fase di fornire una libreria di rgdp può comprendere:
    esprimere in un organismo ospite ricombinante una prima parte componente della catena polipeptidica di un membro sbp o una popolazione di tale prima parte componente della catena polipeptidica, fusa ad un componente di un rgdp che mostra così detta parte componente della catena polipeptidica sulla superficie di rgdps;
    combinando detta prima parte componente della catena polipeptidica o popolazione con una seconda parte componente della catena polipeptidica di un membro sbp o una popolazione di tale seconda parte componente della catena polipeptidica, per formare una libreria di rgdps ciascuno che mostra un membro sbp sulla sua superficie, almeno uno di dette parti componenti la catena polipeptidica essendo espresse da acido nucleico che è in grado di essere confezionato utilizzando detto componente di un rgdp.
    [0030]
    Laddove il membro sbp è un frammento Fab, la prima e la seconda parte componente della catena polipeptidica possono essere un polipeptide costituito da un dominio V L e un dominio C L , e la seconda parte componente della catena polipeptidica un polipeptide costituita da un V H e un C H 1 dominio.
    [0031]
    La combinazione della prima e della seconda parte componente della catena polipeptidica o delle sue popolazioni può essere a livello di acido nucleico con vettori di espressione ciascuno avente introdotto in esso una sequenza codificante una prima parte componente e una sequenza codificante una parte componente della sequenza. D'altra parte, la combinazione può essere a livello polipeptidico con le prime parti componenti che non sono espresse dagli stessi vettori delle seconde parti componenti. Infatti, l'una o l'altra della prima e della seconda parte componente può essere fornita come libreria solubile. Dettagli sui vari formati che possono essere impiegati sono forniti in WO92/01047 e PCT/GB92/00883.
    [0032]
    La fase di fornitura di una libreria può comprendere:
    combinando (i) acido nucleico che codifica un primo componente della catena polipeptidica di un membro sbp fuso ad un componente di un rgdp o una popolazione di tale prima parte componente della catena polipeptidica fusa ad un componente di un rgdp, con (ii) acido nucleico che codifica una seconda parte componente della catena polipeptidica di un membro sbp o una sua popolazione, per formare una libreria di acido nucleico, l'acido nucleico di detta libreria essendo in grado di essere confezionato usando detto componente di un rgdp;
    esprimendo in un organismo ospite ricombinante detta prima parte componente della catena polipeptidica fusa ad un componente di un rgdp o sua popolazione e detta seconda parte componente della catena polipeptidica di un membro sbp o una sua popolazione, per produrre una libreria di rgdps ciascuno che mostra sulla sua superficie un elemento sbp e contenente acido nucleico codificante una prima e una seconda parte componente della catena polipeptidica dell'elemento sbp visualizzato sulla sua superficie.
    [0035]
    I lettori sono invitati a consultare WO92/01047, in particolare, se si desiderano ulteriori dettagli di qualsiasi metodo qui descritto.
    [0036]
    In una forma di realizzazione della presente invenzione, sia la prima che la seconda parte componente della catena polipeptidica o loro popolazioni sono espresse da acido nucleico in grado di essere confezionato utilizzando detto componente di un rgdp. Ciò potrebbe verificarsi quando le parti componenti insieme formano un frammento Fab o, più comunemente, quando ciascun detto membro sbp visualizzato sulla superficie di un rgdp è un frammento di anticorpo scFv.
    [0037]
    In una forma di realizzazione, ciascuna di detta seconda parte componente di catena polipeptidica o sua popolazione può essere espressa da acido nucleico separato dall'acido nucleico da cui è espressa detta prima parte componente o sua popolazione di catena polipeptidica. L'acido nucleico che codifica la prima parte componente della catena polipeptidica può trovarsi sullo stesso vettore di espressione dell'acido nucleico che codifica la seconda parte componente della catena polipeptidica, ma separato da esso in modo che, per esempio, vengano prodotti frammenti Fab. In alternativa, l'acido nucleico che codifica per la prima parte componente della catena polipeptidica può trovarsi su un vettore di espressione diverso dall'acido nucleico che codifica per una seconda parte componente della catena polipeptidica. Quando una prima e una seconda parte componente della catena polipeptidica sono entrambe codificate sullo stesso vettore di espressione, allora possono essere espresse come frammenti scFv,
    [0038]
    Ciascun membro sbp visualizzato sulla superficie di un rgdp è un frammento di anticorpo Fab.
    [0039]
    L'acido nucleico può essere derivato, ad esempio, da geni V riarrangiati di un mammifero non immunizzato, ad esempio un topo, ratto, coniglio, pecora, maiale, cavallo, capra, cane o essere umano. Preferibilmente la specie di mammifero è umana, poiché è più difficile ottenere anticorpi che riconoscano (cioè si leghino in modo specifico) antigeni self umani.
    [0040]
    L'acido nucleico può essere derivato da una libreria preparata mediante ricombinazione artificiale o sintetica di segmenti del gene V, che possono essere sequenze del gene V della linea germinale. La libreria può essere totalmente sintetica.
    [0041]
    I membri Sbp selezionati in (b) visualizzati sulla superficie di rgdps possono essere selezionati o vagliati per fornire un singolo membro sbp o una popolazione mista di detti membri sbp associati nei loro rispettivi rgdps con acido nucleico che codifica detto membro sbp o una sua catena polipeptidica. La fase Rgdp che mostra i membri sbp selezionati in (b) può essere cresciuta per aumentare il loro numero prima di qualsiasi successiva ulteriore selezione o screening. L'acido nucleico che codifica un membro sbp selezionato o schermato e che è derivato da un rgdp che mostra sulla sua superficie un membro sbp selezionato o schermato può essere usato per esprimere un membro sbp o un frammento di un suo derivato in un organismo ospite ricombinante.
    [0042]
    La presente invenzione comprende qualsiasi metodo in cui l'acido nucleico da uno o più rgdps selezionati dalla libreria legandosi con un autoantigene viene prelevato e utilizzato per fornire l'acido nucleico codificante in un ulteriore metodo (secondo qualsiasi forma di realizzazione della presente invenzione o meno) per ottenere un singolo membro sbp o una popolazione mista di membri sbp, o codificare acido nucleico per esso.
    [0043]
    L'espressione prodotto finale, membro sbp selezionato, può essere modificata per produrre un suo derivato.
    [0044]
    L'espressione prodotto finale o suo derivato può essere usata per preparare un medicamento terapeutico o profilattico o un prodotto diagnostico.
    [0045]
    La presente invenzione comprende anche frammenti di anticorpi, loro derivati, inclusi anticorpi interi e fusioni con enzimi, ottenuti utilizzando qualsiasi metodo qui descritto secondo la presente invenzione.
    [0046]
    Secondo un aspetto della presente invenzione viene fornito l'uso, in qualsiasi metodo secondo la forma di realizzazione della presente invenzione descritta h un kit comprendente una libreria di vettori ciascuno com acido nucleico che è in grado di essere packa e che codifica per una parte componente della catena polipeptidica di un anticorpo per la visualizzazione sulla superficie di rgdps.
    [0047]
    È anche fornito dalla presente invenzione l'uso, in qualsiasi metodo secondo qualsiasi forma di realizzazione della presente invenzione qui descritta, di un kit comprendente una libreria di rgdps ciascuno contenente acido nucleico che codifica almeno una parte componente della catena polipeptidica di un anticorpo.
    [0048]
    La presente invenzione fornisce generalmente un metodo per produrre un pacchetto di visualizzazione genetica replicabile (rgdps) o una popolazione di tali rgdps, il quale metodo comprende le fasi di:
    [0049]
    (a) inserire una sequenza nucleotidica codificante una molecola di legame che è un membro di una specifica coppia di legame e un anticorpo anti-sé, all'interno di un genoma virale;
    [0050]
    (b) coltivare il virus contenente detta sequenza nucleotidica in modo che detta molecola di legame sia espressa e visualizzata dal virus sulla sua superficie.
    [0051]
    La presente invenzione fornisce anche un metodo per selezionare un rgdp specifico per un particolare epitopo autoantigene che comprende la produzione di una popolazione di tali rgdps e la fase aggiuntiva di selezionare per detta molecola di legame che è un anticorpo anti-auto mettendo in contatto la popolazione con detto epitopo in modo che i singoli rgdps con la specificità desiderata possano legarsi a detto epitopo. Il metodo può comprendere una o più delle fasi aggiuntive di: (i) separare qualsiasi rgdps legato dall'epitopo; (ii) recuperare qualsiasi rgdps separato e (iii) utilizzare le sequenze nucleotidiche inserite da qualsiasi rgdps separato in un sistema ricombinante per produrre la molecola di legame separata dal virus. La fase di selezione può isolare la sequenza nucleotidica che codifica per la molecola di legame della specificità desiderata,
    [0052]
    La presente invenzione fornisce anche un metodo per produrre un membro multimerico di una coppia di legame specifica (sbp) che è un anticorpo anti-self, il quale metodo comprende: esprimere in un organismo ospite ricombinante una prima catena polipeptidica di detto membro sbp o un gene geneticamente diverso popolazione di detto membro sbp fusa a un componente di un pacchetto di visualizzazione genetica replicabile secreto (rgdp) che visualizza quindi detto polipeptide sulla superficie del pacchetto ed esprime in un organismo ospite ricombinante una seconda catena polipeptidica di detto multimero e causa o consente la le catene polipeptidiche si uniscono per formare detto multimero come parte di detto rgdp almeno una di dette catene polipeptidiche essendo espressa da acido nucleico che è in grado di essere confezionato utilizzando detto componente per esso,per cui il materiale genetico di ciascun detto rgdp codifica una detta catena polipeptidica.
    [0053]
    Entrambe dette catene possono essere espresse nello stesso organismo ospite.
    [0054]
    La prima e la seconda catena di detto multimero possono essere espresse come catene separate da un singolo vettore contenente il rispettivo acido nucleico.
    [0055]
    Almeno una di dette catene polipeptidiche (o parti componenti la catena polipeptidica) può essere espressa da un vettore fagico.
    [0056]
    Almeno una di dette catene polipeptidiche può essere espressa da un vettore fagemidico, il metodo includendo l'uso di un fago aiutante, o un plasmide che esprime geni fagi complementari, per aiutare a confezionare detto genoma fagemidico, e detto componente del rgdp è una proteina del capside per questo. La proteina del capside può essere assente, difettosa o condizionatamente difettosa nel fago helper.
    [0057]
    Il metodo può comprendere l'introduzione di un vettore in grado di esprimere detta prima catena polipeptidica, in un organismo ospite che esprime detta seconda catena polipeptidica in forma libera, o l'introduzione di un vettore in grado di esprimere detto secondo polipeptide in forma libera in un organismo ospite che esprime detta prima catena polipeptidica. catena polipeptidica.
    [0058]
    Ciascuna delle catene polipeptidiche può essere espressa da acido nucleico che è in grado di essere confezionato come rgdp usando detto prodotto di fusione del componente, per cui l'acido nucleico codificante per entrambe dette catene polipeptidiche è confezionato in rispettivi rgdps.
    [0059]
    Le fusioni possono essere espresse in assenza della componente di visualizzazione rgdp, forse capside, espressa in forma wild-type.
    [0060]
    La proteina del capside può essere assente, difettosa o condizionatamente difettosa nel fago helper.
    [0061]
    La cellula ospite può essere un ceppo mutatore che introduce diversità genetica nell'acido nucleico membro sbp.
    [0062]
    Il rgdp può essere un batteriofago, l'ospite un batterio e detto componente del rgdp una proteina del capside per il batteriofago. Il fago può essere un fago filamentoso. Il fago può essere selezionato tra i fagi di classe I fd, M13, f1, If1, lke, ZJ/Z, Ff e le fasi di classe II Xf, Pf1 e Pf3. Il fago può essere fd o un derivato di fd. Il derivato può essere resistente alla tetraciclina. Detto membro sbp o sua catena polipeptidica man è espresso come fusione con la proteina capside del gene III del fago fd o la sua controparte in un altro fago filamentoso. Il membro sbp o la sua catena polipeptidica possono essere inseriti nella regione N-terminale della proteina capside matura a valle di un peptide leader di secrezione. La sequenza può essere inserita dopo l'aminoacido +1 della proteina matura.
    [0063]
    L'ospite potrebbe essere E. coli.
    [0064]
    L'abed nucleico che codifica un polipeptide membro sbp può essere collegato a valle a una proteina del capside virale attraverso un codone di stop traslazionale soppressibile, in modo che in condizioni in cui lo stop è soppresso vengono prodotte proteine ​​di fusione comprendenti il ​​polipeptide membro sbp e la proteina capside virale, mentre in condizioni di non soppressione condizioni vengono prodotti polipeptidi membri sbp in forma libera.
    [0065]
    I sistemi di selezione e i formati di analisi sono discussi altrove in questo testo. In questi sistemi e formati, la sequenza genica che codifica per la molecola legante (ad es. l'anticorpo) di specificità desiderata è separata da una popolazione generale di rgdps avente un intervallo di specifiche, per il fatto del suo legame a un bersaglio specifico (ad es. l'antigene o epitopo). Pertanto, gli rgdps formati da detta espressione possono essere selezionati o vagliati per fornire un singolo membro sbp o una popolazione mista selezionata di detti membri sbp associati nei loro rispettivi rgdps con acido nucleico che codifica detto membro sbp o una sua catena polipeptidica. Il rgdps può essere selezionato per affinità con un membro complementare a detto membro sbp.
    [0066]
    Eventuali rgdps legati a detto secondo elemento possono essere recuperati mediante lavaggio con un eluente. Le condizioni di lavaggio possono essere variate al fine di ottenere rgdps con differenti affinità di legame per detto epitopo. In alternativa, per ottenere ad esempio rgdps ad alta affinità, il membro complementare (ad esempio un epitopo) può essere presentato alla popolazione di rgdps (ad esempio pAbs) già legato a un membro legante, nel qual caso pAb con una maggiore affinità per l'epitopo sostituiranno il già membro vincolante vincolato. Così l'eluente può contenere una molecola che compete con detto rgdp per legarsi al membro complementare sbp. Il rgdp può essere applicato a detto membro sbp complementare in presenza di una molecola che compete con detto pacchetto per legarsi a detto membro sbp complementare. L'acido nucleico derivato da un rgdp selezionato o selezionato può essere usato per esprimere detto membro sbp o un suo frammento o derivato in un organismo ospite ricombinante. L'acido nucleico da uno o più rgdps può essere prelevato e utilizzato per fornire acido nucleico codificante in un ulteriore detto metodo per ottenere un singolo membro sbp o una popolazione mista di membri sbp, o codificare acido nucleico per esso. L'espressione prodotto finale può essere modificata per produrre un suo derivato.
    [0067]
    Una fonte preferita per la generazione di librerie diverse da esseri umani non immunizzati è l'mRNA di IgM. È stato trovato nell'esempio 43 di WO92/01047 che i frammenti anticorpali diretti contro il lisozima dell'uovo di tacchino e il 2-fenil-5-ossazolone sono stati isolati molto più facilmente da una libreria fagica derivata dall'mRNA di IgM da donatori umani non immunizzati, che da uno preparato dall'mRNA delle IgG. Inoltre, nessun frammento di anticorpo legante il 2-fenil-5-ossazolone potrebbe essere isolato da una libreria di 2000000 cloni di anticorpi fagici preparati da IgGmRNA di topi non immunizzati (T. Clackson et al, Nature 352 624-628.1991). Gli esempi da 1 a 3 di questa domanda mostrano l'isolamento di anticorpi specifici per l'autoantigene dalla libreria di IgM. Sebbene in questi campioni, le specificità antiself siano state selezionate come frammenti Fv a catena singola in un unico formato replicone,
    [0068]
    Possono essere preparate librerie di fagi che sono arricchite per anticorpi diretti contro il sé. I linfociti B esprimono IgM di superficie e IgD di superficie prima della stimolazione con l'antigene, ma esprimono IgM o IgD poco solubili. Queste cellule non stimolate hanno maggiori probabilità di contenere geni anticorpali con specificità anti-auto. Al contrario, le plasmacellule differenziate terminali che secernono anticorpi solubili esprimono poca immunoglobulina di superficie. La preparazione di cDNA per la preparazione della libreria fagica utilizzando primer specifici per IgM o IgD di superficie produrrà un repertorio di geni anticorpali arricchiti per i geni naive e non selezionati che codificano per i domini V. Nei linfociti B che sono stati funzionalmente silenziati dall'esposizione a sé vi sono livelli notevolmente ridotti di IgM di superficie ma livelli invariati di IgD di superficie (CC Goodnow et al. supra). Quindi,
    [0069]
    Tuttavia, come dimostrato in questa domanda, l'mRNA di IgM da linfociti del sangue periferico non selezionati è una fonte preferita di geni V per le specificità antiself. Altre fonti di tali anticorpi anti-auto possono essere mRNA fetale o mRNA del sangue cordonale (PM Lydyard et al Scand J Immunol 31 33-43, 1990).
    [0070]
    Esiste la possibilità di creare repertori per la visualizzazione dei fagi utilizzando la combinazione originale di domini VH e VL mediante l'uso della PCR e il collegamento dei geni che li codificano all'interno delle cellule che esprimono questi domini. Il principio di "In cell PCR", in cui viene mantenuto l'accoppiamento VH/VL originale, è stato dimostrato in PCT/GB92/01483 e descritto in Embleton et al in Nucleic Acids Res., 20, 3831-3837, 1992. Questo può essere particolarmente utile se i linfociti possono essere selezionati in una fase precedente alla delezione di cloni che esprimono anticorpi anti-self.
    [0071]
    In una forma di realizzazione di questa invenzione, possono essere usate sequenze di geni V, o anche librerie preparate dalla ricombinazione sintetica di segmenti V, D e J. Questi agiscono come una ricca fonte di anticorpi anti-auto. Negli esempi da 5 a 7, dimostriamo che le specificità anti-auto contro TNF, l'anticorpo umano anti-rhesus D (OAK3) e la tireoglobulina umana possono essere isolate da una libreria di anticorpi fagici preparata dall'unione sintetica dei segmenti V. D e J. L'uso di geni della linea germinale V per questo scopo, come mostrato negli esempi da 5 a 7, dovrebbe essere prezioso per l'isolamento di anticorpi anti-self in quanto vi sono alcune prove che i linfociti B diretti contro antigeni self solubili sono funzionalmente silenziati e quelli diretti contro autoantigene legato alla membrana multivalente vengono eliminati (SB Hartley et al supra; DM Russell et al, supra). Così,
    [0072]
    Negli esempi da 5 a 7 abbiamo utilizzato segmenti sintetici VH CDR3 che incorporano sequenze di basi casuali nella regione di giunzione VDJ e li abbiamo collegati ai segmenti del gene VH della linea germinale. Possono essere utilizzate altre strategie come realizzare ciascuno dei loop CDR di sequenza casuale o realizzare i loop CDR di strutture canoniche note (C. Chothia et al, Nature 342 877-893, 1989) e incorporare elementi di sequenza casuali. La natura della linea germinale dei segmenti V e J potrebbe essere alterata incorporando alterazioni specifiche o casuali alla sequenza o utilizzando regioni del gene V somaticamente mutate. La strategia utilizzata negli esempi da 5 a 7 ha il vantaggio che le strutture ad anello dei segmenti del gene V formano solo un numero limitato di pieghe distinte e combinazioni di pieghe (C. Chothia et al J. Mol. Biol. 227 779-817, 1992) e presumibilmente si sono evoluti per la stabilità e per creare una distribuzione e una gamma di siti di legame ben adatti per adattarsi alla struttura degli antigeni. Inoltre, è probabile che le regioni della struttura e le prime due anse ipervariabili delle catene pesanti e leggere degli anticorpi umani sintetici siano identiche in molti individui diversi. Tali anticorpi umani sintetici potrebbero essere meno immunogenici di strutture interamente artificiali.
    [0073]
    Un'ulteriore ma meno preferita alternativa alle librerie di visualizzazione dei fagi naturali e sintetiche di cui sopra sarebbe quella di preparare librerie di mutagenesi casuali visualizzate sul fago, derivate da una o poche molecole di anticorpi umani e selezionando le specificità dell'antigene anti-auto da queste.
    Selezione
    [0074]
    I singoli rgdps, ad es. pAb che esprimono la specificità desiderata per un antigene, possono essere isolati da una libreria utilizzando le tecniche di screening convenzionali (ad es. come descritto in Harlow, E. e Lane, D., 1988, supra Gherardi, E et al. 1990. J. Immunol. meth. 126 p61-68).
    [0075]
    I richiedenti hanno anche ideato tecniche di selezione praticabili grazie alle proprietà uniche di rgdps. Lo schema generale di alcune procedure di screening è illustrato inFICO. 5 usando pAbs come tipo di esempio di rgdp.
    [0076]
    La popolazione/biblioteca di pAb da sottoporre a screening potrebbe essere generata da animali immunizzati o di altro tipo; o essere creato in vitro mediante la mutagenesi di anticorpi fagici preesistenti (usando tecniche ben note nell'arte come la mutagenesi diretta da oligonucleotidi (Sambrook, J., et al., 1989 Molecular Cloning a Laboratory Manual, Cold Spring Harbor Laboratory Press) ma sono preferibilmente derivati ​​da esseri umani o artificiali non immunizzati. ricombinazione di segmenti V umani, come descritto altrove. Questa popolazione può essere esaminata in uno o più dei formati descritti di seguito con riferimento aFICO. 5, per derivare quei singoli pAb le cui proprietà di legame all'antigene sono diverse dal campione c.
    Eluizione vincolante
    [0077]
    FICO. 5( i ) mostra l'antigene (ag) legato a una superficie solida (s) la superficie solida (s) può essere fornita da una capsula di Petri, sfere per cromatografia, sfere magnetiche e simili. La popolazione/libreria di pAbs viene quindi passata sopra ag, e quegli individui p che si legano vengono trattenuti dopo il lavaggio, e facoltativamente rilevati con il sistema di rilevamento d. Può essere utilizzato un sistema di rilevamento basato su antisieri anti-fd (si veda, ad esempio, l'Esempio 4 di W092/01047). Se i campioni della popolazione legata p vengono rimossi in condizioni sempre più rigorose, l'affinità di legame rappresentata in ciascun campione aumenterà. Si possono ottenere condizioni di maggiore stringenza, ad esempio, aumentando il tempo di ammollo o modificando il pH della soluzione di ammollo, ecc.
    concorrenza


    Un metodo per ottenere un membro di una specifica coppia di legame (membro sbp), il membro sbp essendo un anticorpo o frammento di anticorpo e avente un sito di legame dell'antigene con specificità di legame per un antigene che è un auto antigene di una specie di mammifero, il metodo comprendente:
    (a) fornire una libreria di pacchetti di visualizzazione genetica replicabili (rgdps), ogni rgdp che mostra sulla sua superficie un membro sbp e ogni rgdp contenente acido nucleico con sequenza derivata da dette specie di mammifero e codificante una catena polipeptidica che è una parte componente di il membro sbp visualizzato sulla superficie di tale rgdp;
    (b) selezionare, legandosi con detto autoantigene, uno o più membri sbp con specificità di legame per detto autoantigene.
    2 . Un metodo secondorivendicazione 1 in cui ciascun detto membro sbp visualizzato sulla superficie di un rgdp è un frammento di anticorpo comprendente un dominio VH e un dominio VL.
    3 . Un metodo secondorivendicazione 2 in cui ciascun detto membro sbp visualizzato sulla superficie di un rgdp è un frammento di anticorpo scFv.
    4 . Un metodo secondorivendicazione 2 in cui ciascun detto membro sbp visualizzato sulla superficie di un rgdp è un frammento di anticorpo Fab.
    5 . Un metodo secondorivendicazione 1 in cui l'acido nucleico è derivato da geni V riarrangiati di un mammifero non immunizzato.
    6 . Un metodo secondorivendicazione 1 in cui l'acido nucleico è derivato da una libreria preparata mediante ricombinazione artificiale o sintetica di sequenze del gene V.
    7 . Un metodo secondorivendicazione 6 in cui la libreria è derivata da sequenze di geni V della linea germinale.
    8 . Un metodo secondorivendicazione 1 in cui detta specie di mammifero è umana.
    9 . Un metodo secondorivendicazione 1 in cui i membri sbp selezionati in (b) visualizzati sulla superficie di rgdps sono selezionati o vagliati per fornire un singolo rgdp che mostra un membro sbp o una popolazione mista di detti rgdps, con ciascun rgdp contenente acido nucleico che codifica il membro sbp o una sua catena polipeptidica che viene visualizzato sulla sua superficie.
    10 . Un metodo secondorivendicare 9 in cui l'acido nucleico che codifica un membro sbp selezionato o schermato e che è derivato da un rgdp che mostra sulla sua superficie un membro sbp selezionato o schermato è usato per esprimere un membro sbp o un suo frammento o derivato in un organismo ospite ricombinante.
    11 . Un metodo secondopretendere 10 in cui l'acido nucleico da uno o più rgdps viene prelevato e utilizzato per fornire acido nucleico codificante in un ulteriore metodo per ottenere un singolo membro sbp o una popolazione mista di membri sbp, o codificare acido nucleico per esso.
    12 . Un metodo secondopretendere 10 in cui l'espressione prodotto finale è modificata per produrre un suo derivato.
    13 . Un metodo secondopretendere 10 in cui l'espressione prodotto finale o suo derivato è usata per preparare un medicamento terapeutico o profilattico o un prodotto diagnostico.



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    BREVETTO MILITARE MORGELLONS COME ARMA (INSETTI)
    https://patents.google.com/patent/US624553...n?oq=+us6245531
    Polynucleotide encoding insect ecdysone receptor
    Polinucleotide che codifica per il recettore dell'ecdisone degli insetti
    Le sequenze polinucleotidiche che codificano per i recettori dell'ecdisone sono state isolate ed espresse nelle cellule ospiti.
    US6245531-drawings-page-3
    US6245531-drawings-page-4
    US6245531-drawings-page-5

    ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
    https://patents.google.com/patent/EP2360256A1/en?oq=fago+m13
    Method for isolation of soluble polypeptides
    Metodo per l'isolamento di polipeptidi solubili
    Astratto
    I polipeptidi con proprietà biofisiche desiderabili come solubilità, stabilità, alta espressione, monomericità, specificità di legame o non aggregazione, inclusi V H s e V L s umani monomerici , sono identificati utilizzando un metodo ad alto rendimento per lo screening dei polipeptidi, che comprende le fasi di ottenimento una libreria di visualizzazione dei fagi, che consente l'infezione di un prato batterico da parte del fago della libreria e identifica i fagi che formano placche più grandi della media sul prato batterico. Vengono identificate sequenze di V H s o V L s umane monomeriche , che possono essere utili per l'immunoterapia o come agenti diagnostici. Vengono anche identificati complessi multimerici di V H s e V L s umani . I V H s e VGli L identificati molti possono essere utilizzati per creare ulteriori librerie per identificare ulteriori polipeptidi. Inoltre, i V H s e V L s possono essere sottoposti a rimescolamento del DNA per selezionare proprietà biofisiche migliorate.

    imgf0001 imgf0004

    Edited by Kill Dogma Revolution ! - 27/8/2021, 18:46
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    (Continuo da sopra)
    Descrizione dettagliata dell'invenzione
    [0025]
    È desiderabile identificare polipeptidi, in particolare frammenti di anticorpi, che siano di origine umana, solubili, stabili, resistenti all'aggregazione, ripiegabili, altamente espressi, facilmente manipolabili a livello di DNA, ideali per la costruzione di librerie e per determinazioni strutturali 3-D. Tali frammenti di anticorpi sono utili per un'ampia varietà di applicazioni immunoterapeutiche e anche come agenti diagnostici e di rilevamento. Gli anticorpi monomerici umani V H e V L sono di particolare interesse, poiché è probabile che abbiano molte delle proprietà sopra menzionate.
    [0026]
    I polipeptidi con le proprietà sopra menzionate possono essere identificati mediante screening ad alto rendimento di librerie in grado di esprimere una varietà di sequenze polipeptidiche. Ad esempio, le librerie di visualizzazione dei fagi (preferibilmente fagi filamentosi come M13 o fd) possono essere schermate infettando un campo di batteri suscettibili al fago (un prato batterico) con il fago, quindi determinando quali fagi hanno lisato con successo i batteri cercando aree chiare e prive di batteri note come placche. I fagi che espongono monomerica llaminated V H s e V L s formano grandi placche su prati batteriche di fagi visualizzazione pienamente umano V H s con tendenze di aggregazione. Pertanto, la dimensione della placca può essere utilizzata come mezzo per identificare il raro monomero V H . presente in naturas e V L s dal repertorio umano V H.
    [0027]
    Il metodo qui divulgato è anche utile per identificare solubili, stabili (la stabilità copre una serie di caratteristiche, incluso ma non limitato a elevata efficienza di ripiegamento termico, alta temperatura di fusione, mantenimento della funzionalità dopo lunga (diversi giorni) incubazione a 37 ° C, resistente a denaturanti chimici, resistenti alle proteasi, aventi una lunga durata di conservazione al di sotto di 0°C e 4°C, e a temperatura ambiente, mantenendo la funzionalità negli ambienti intracellulari e mantenendo la funzionalità all'interno del corpo umano, come nel flusso sanguigno) e alta che esprimono proteine ​​di diversa origine, tra cui:
    1. V H s, V L s, Fab, scFv e anticorpi interi come IgG, più specificamente umani
    2. Varianti proteiche basate su scaffold non anticorpali recettori delle cellule T a catena singola, domini dei recettori delle cellule T, transferina, lipocaline, domini kunitz, ripetizioni di anchirina e antigene citotossico associato ai linfociti T (CTLA-4), incluso l'uomo quelli
    3. Vaccini come i vaccini proteici virali e batterici
    4. Proteine ​​terapeutiche, ad es. insulina, ormone della crescita, aritropoietina
    5. Reagenti diagnostici e biochimici proteici, ad es. proteina A, proteina G.
    [0028]
    Una volta che i polipeptidi sono stati identificati con questo metodo, possono essere utilizzati per costruire librerie aggiuntive. Questo viene fatto selezionando una sequenza di acido nucleico di, per esempio, un VH. Gli oligonucleotidi con codoni randomizzati vengono creati e incorporati nella sequenza VH. Pertanto, ogni oligonucleotide unico è incorporato in un gene VH e i geni VH modificati costituiscono una libreria di sequenze con lievi variazioni. Tipicamente, gli oligonucleotidi sono progettati in modo tale che i CDR o i loop del VH siano randomizzati. Ad esempio, uno, due o tutti e tre i CDR VH possono essere randomizzati. La libreria VH viene quindi clonata in un vettore appropriato, a seconda del tipo di libreria da utilizzare, e le sequenze di acido nucleico sono espresse come polipeptidi. La libreria viene vagliata per le molecole che si legano ai polipeptidi della libreria, in genere mediante panning.
    [0029]
    I polipeptidi identificati dal metodo qui discusso possono essere usati per l'immunoterapia, per esempio, la reticolazione di monomeri per formare dimeri, trimeri, pentameri e altri multimeri. Ciò può comportare una migliore affinità per le molecole di antigene e tassi di dissociazione più lenti per alcuni antigeni. Un altro possibile approccio è collegare o fondere polipeptidi a una varietà di molecole con varie funzioni. Ad esempio, frammenti di anticorpi possono essere collegati a radionuclidi, farmaci citotossici, tossine, peptidi, proteine, enzimi, liposomi, lipidi, superantigeni o virus delle cellule T per colpire e distruggere o modificare cellule o molecole specifiche.
    [0030]
    Una volta che i V H s o V L s identificati dal metodo di selezione qui descritto sono stati isolati, possono essere ulteriormente manipolati per selezionare proprietà biofisiche migliorate come solubilità, stabilità, monomericità, specificità di legame, origine umana o alta espressibilità. Ciò può essere ottenuto mediante tecniche di ricombinazione in vitro come il rimescolamento del DNA o un processo di estensione sfalsato. Il rimescolamento del DNA comporta il taglio della sequenza dell'acido nucleico del primo (donatore) e del secondo (accettore) polipeptidi, come i frammenti di anticorpi, in frammenti casuali, quindi riassemblando i frammenti casuali mediante una reazione simile alla PCR. I frammenti riassemblati vengono quindi vagliati per selezionare le proprietà desiderate.
    [0031]
    Ad esempio, uno o più VH con elevata stabilità (donatori) possono essere miscelati con uno o più VH privi di sufficiente stabilità (accettori) e sottoposti a rimescolamento del DNA. Questo genera mutanti dei VH accettori che hanno incorporato residui di stabilità dai VH donatori. I nuovi mutanti stabili possono essere identificati mediante i metodi descritti nel presente documento, o attraverso altri sistemi di screening proteici evolutivi come visualizzazione ribosomiale, visualizzazione lievito, visualizzazione cellule batteriche e visualizzazione fagica. Allo stesso modo, questa tecnica può essere utilizzata per trasferire tratti desiderabili come solubilità, monomericità e alta espressione.
    [0032]
    Questa tecnica può essere utilizzata dove sia il donatore che l'accettore V H hanno proprietà desiderabili, per produrre un V H con entrambe le proprietà. Ad esempio, un donatore instabile V H che si lega a un importante ligando terapeutico o diagnostico può essere mescolato con un accettore stabile V H . Al fine di garantire che le nuove stabile generato V H s hanno anche la capacità di legarsi al ligando, il sistema di screening può comportare una fase di legame ligando.
    [0033]
    DNA shuffling può anche essere utile per umanizzare non umano V H s come catena pesante domini variabili dell'anticorpo camelidi e infermiere squali e domini variabili squalo wobbegong o non umani V L s che si legano a bersagli terapeutici. V H s e V L s umani con proprietà desiderabili come solubilità, stabilità, monomericità e alta esprimibilità possono essere usati come donatori. Ad esempio, uno o più V H s umani con buona stabilità (donatori) possono essere miscelati con uno o più V H terapeutici non umani (accettori) e sottoposti a rimescolamento del DNA. Questo genera mutanti dell'accettore V Hs che sono sia stabili che umanizzati. I mutanti umanizzati e stabili di nuova generazione possono essere identificati mediante i metodi descritti nel presente documento, o attraverso altri sistemi di screening proteici evolutivi come visualizzazione di ribosomi, visualizzazione di lieviti, visualizzazione di cellule batteriche e visualizzazione di fagi. In un ulteriore esempio, l'accettore V H potrebbe essere un V H H terapeutico (dominio variabile dell'anticorpo della catena pesante camelide).
    [0034]
    Inoltre, questa tecnica è anche utile per selezionare proprietà desiderabili di polipeptidi diversi da V H s e V L s. Come discusso sopra, il polipeptide donatore e il polipeptide accettore possono essere entrambi umani, oppure il donatore può essere umano e l'accettore non umano.
    [0035]
    Un possibile approccio per conferire solubilità, monomericità, elevata espressibilità o stabilità a V H s e V L s può essere attraverso l'innesto di regioni determinanti la complementarità (CDR) sull'accettore V H S e V L s. Poiché è noto che le CDR sono coinvolte nella solubilità e stabilità degli anticorpi a dominio singolo, e di conseguenza l'innesto di queste regioni, come le CDR da V H s e V L s isolate con i metodi descritti nel presente documento, può conferire solubilità e/o o stabilità all'accettore V H s e V L s.
    Umano Monomerico V H s e V L s
    aggettivo
    In chimica, proprio di un monomero o relativo a un monomero.
    Unità monomerica (o residuo monomerico ), il raggruppamento costitutivo dei polimeri, che si ripete lungo la catena polimerica, derivabile dalla molecola del monomero dopo la sua unione con altre molecole identiche o diverse nel processo di polimerizzazione.


    il-tetrafluoroetilene-o-la-molecola-di-tfe-%C3%A8-un-monomero-politetrafluoroetilene-ptfe-appartiene-alla-famiglia-dei-fluorocarburi-152469388
    Col termine monomero in chimica si definisce una molecola semplice dotata di gruppi funzionali tali da renderla in grado di combinarsi ricorsivamente con altre molecole a formare macromolecole. Per estensione, il termine viene usato anche per identificare l'unità strutturale ripetitiva che forma un polimero.

    Monomero
    Col termine monomero (dal greco una parte) in chimica si definisce una molecola semplice dotata di gruppi funzionali tali da renderla in grado di combinarsi ricorsivamente con altre molecole (identiche a sé o reattivamente complementari a sé) a formare macromolecole.

    Per estensione, il termine viene usato anche per identificare l'unità strutturale ripetitiva che forma un polimero (detta più propriamente "unità ripetitiva" del polimero).

    Il processo di trasformazione del monomero a polimero si chiama polimerizzazione

    Quando i monomeri vengono utilizzati per produrre copolimeri, si utilizza più precisamente il termine comonomero.
    [0036]
    Diversi monomerica umano V H s con differenti linea germinale e tuta sequenze sono stati identificati (seeFigura 1e SEQ ID NO. da 8 a 22) da una libreria di visualizzazione fagica V H umana ingenua con questo metodo di selezione basato sulla dimensione della placca fagica. I VH rimangono funzionali e monomerici dopo trattamento con tripsina a 37°C, settimane di incubazione a 37°C o mesi di conservazione a 4°C, hanno elevate efficienze di ripiegamento termico, sono prodotti con buone rese in E. coli e possiedono proteine Un'attività vincolante.
    [0037]
    Inoltre, diversi monomeriche umano V L s sono stati identificati (seeFigura 6e SEQ ID NO. da 23 a 54). I V L s sono prodotti con buone rese anche in E. coli e possiedono attività legante la proteina L.
    [0038]
    Tali proprietà saranno anche manifestate da V H s da librerie sintetiche che utilizzano i suddetti V H s come scaffold. Pertanto, tali librerie possono fornire V H terapeutiche o diagnostiche che avrebbero una buona efficacia a temperatura fisiologica, una durata di conservazione estesa e una produzione economicamente vantaggiosa. L'elevata efficienza di ripiegamento termico estenderebbe ulteriormente le applicazioni biotecnologiche di queste librerie a situazioni in cui i leganti V H sono necessari per mantenere la loro attività dopo l'esposizione a temperature elevate transitorie. I V H s dovrebbero anche essere molto adatti per applicazioni intracorporee a causa delle loro proprietà biofisiche desiderabili. La proprietà di legame della proteina A semplificherà V Hla purificazione e la rilevazione in test diagnostici, immunoblotting e immunoistochimica e può essere sfruttata per migliorare le prestazioni libreria rimuovendo non funzionali V H s dalle librerie. Allo stesso modo, le librerie che utilizzano V L s come supporti produrrà terapeutici o diagnostici V L s che hanno proprietà desiderabili simile. Poiché V L s si lega alla proteina L, la purificazione e il rilevamento di V L è semplificata sfruttando questa proprietà di legame della proteina L.
    [0039]
    Le librerie di visualizzazione costruite sugli attuali V H s e V L s possono anche essere un'utile fonte di diagnostica e agenti di rilevamento.
    [0040]
    Precedentemente riportato pienamente umana V H s con favorevoli proprietà biofisiche erano basati su una singola sequenza V germinale: DP-47 (( Jespers, L. et al. 2004b; Jespers, L. et al , 2004a).. L'osservazione che la Le V H umane monomeriche in questo studio derivano da sei diverse sequenze germinali tra cui DP-47, dimostra che le V H stabili non sono limitate in termini di utilizzo del gene della linea germinale.In effetti, è molto probabile che avremmo isolato V H monomeriche s della famiglia e le origini della linea germinale diverse da quelle che descriviamo qui se non avessimo la nostra selezione ristretta a un sottoinsieme di V H 3 famiglia V Hs con attività di legame alla proteina A. Non è possibile individuare mutazioni amminoacidiche ( Tabella 1) responsabili del comportamento biofisico osservato degli attuali VHs a causa del verificarsi di mutazioni multiple in VHs e del fatto che anche CDR3 è noto per essere coinvolto nella formazione del profili biofisici di sdAbs. Tuttavia, può essere che mutazioni in posizioni note per essere importanti per la stabilità e la solubilità di sdAbs, ad esempio V37F in HVHP423 e HVHP44B, o mutazioni che si verificano più volte nella stessa posizione, ad esempio L5V/Q e V5Q in nove V H s, hanno un ruolo nel determinare le proprietà biofisiche di V H s. In termini di costruzione della biblioteca, sarebbe desiderabile che la monomericità dell'attuale V Hs non dipende da CDR, in particolare CDR3, in modo che la randomizzazione CDR venga eseguita senza la preoccupazione di compromettere la stabilità della libreria. A questo proposito, i V H s con CDR3 più piccoli, ad esempio HVHB82, possono essere scaffold preferiti poiché ci sarebbe meno dipendenza da CDR3 per la stabilità.
    [0041]
    La diversità degli attuali V H s e V L s in termini di sequenza complessiva e lunghezza CDR3 dovrebbe consentire la costruzione di librerie più performanti. Sintetici V H librerie sono state costruite su singoli ponteggi. Un tale approccio alla generazione del repertorio è in netto contrasto con il naturale "approccio" in vivo che utilizza una molteplicità di scaffold. Sulla base delle sequenze qui riportate si può sfruttare la disponibilità del diverso insieme di V H s e V L s e creare librerie che si basano su più scaffold V H e V L. Tali librerie sarebbero una migliore emulazione di in vivorepertori e, quindi, avrebbe una complessità più ottimale. Dei tre CDR in sdAbs, CDR3 generalmente contribuisce in modo più significativo alla diversità del repertorio e per questo motivo la randomizzazione di CDR3 su scaffold V H e V L è tipicamente accompagnata da variazioni concomitanti della lunghezza di CDR3. Sebbene ciò migliori significativamente la complessità della libreria, può anche compromettere la stabilità della libreria interrompendo la lunghezza dell'impalcatura parentale CDR3. L'eterogeneità dei V H s e V Ls qui descritti in termini di lunghezza CDR3 consentono la creazione di librerie con sia buona complessità, buona stabilità e buone caratteristiche biofisiche. Tali librerie sarebbero preferibilmente costituite da sottobiblioteche, in cui ciascuna sottobiblioteca viene creata mediante randomizzazione CDR3 (e randomizzazione CDR1 e/o CDR2, se lo si desidera) su un singolo scaffold V H o V L senza interrompere la lunghezza CDR3 parentale.
    [0042]
    La versatilità degli attuali V H s e V L s è anche vantaggiosa in termini di scelta di un quadro ottimale V H o V L per umanizzare V H H , V H e V L , specifici per obiettivi terapeutici. I camelidi V H H ad alta affinità contro bersagli terapeutici possono essere ottenuti da librerie V H H immuni, non immunizzati o sintetici con relativa facilità ed essere successivamente sottoposti a umanizzazione (innesto CDR, resurfacing, deimmunizzazione) per rimuovere l'eventuale immunogenicità V H H, quindi fornire un'alternativa a V umana H approccio libreria per la produzione di V terapeuticoH s. La generazione di V H terapeutici ad alta affinità mediante quest'ultimo approccio può spesso richiedere una maturazione dell'affinità in vitro aggiuntiva, noiosa e dispendiosa in termini di tempo, dei leganti di piombo selezionati dalle librerie sintetiche primarie di V H umane .
    [0043]
    I V H non umani contro bersagli terapeutici possono essere ottenuti da librerie V H immuni, non immunizzati o sintetici con relativa facilità ed essere successivamente sottoposti a umanizzazione (innesto CDR, resurfacing, deimmunizzazione) per eliminare l' immunogenicità V H non umana , fornendo quindi un'alternativa a approccio alla libreria umana V H per la produzione di V H terapeutici .
    [0044]
    I V L non umani contro bersagli terapeutici possono essere ottenuti da librerie V H H immuni, non immunizzati o sintetici con relativa facilità ed essere successivamente sottoposti a umanizzazione (innesto CDR, resurfacing, deimmunizzazione) per eliminare l' immunogenicità V H H, fornendo quindi un'alternativa a V umana L approccio libreria per la produzione di terapeutici V L s.
    [0045]
    Sono stati descritti numerosi approcci evolutivi per la selezione di proteine ​​con proprietà biofisiche migliorate (Forrer, P. et al ., 1999;Waldo, GS, 2003); (Jespers, L. et al , 2004a;. Jung, S. et al / ,. 1999 Matsuura, T. et al / ,. 2003). In genere, è necessaria una pressione di stabilità per garantire la selezione preferenziale di varianti stabili rispetto a quelle instabili o meno stabili da una popolazione di librerie. Ad esempio, in un lavoro correlato, è stato richiesto il trattamento termico delle librerie di visualizzazione fagica V H per selezionare V H s resistenti all'aggregazione (Jespers, L. et al., 2004a). Esempi di approcci di selezione evolutiva che coinvolgono la visualizzazione dei fagi includono la visualizzazione dei fagi convenzionale, i fagi selettivamente infettivi e gli approcci di proteolisi. Nei primi due approcci la selezione dell'affinità viene utilizzata per selezionare specie stabili da una libreria, sulla base dell'assunto che le proteine ​​stabili possiedano migliori proprietà di legame per il loro ligando rispetto a quelle instabili. Tuttavia, anche con l'inclusione aggiuntiva di una fase di selezione della stabilità, questi approcci possono principalmente arricchire per una maggiore affinità piuttosto che per una maggiore stabilità (Jung, S. et al., 1999).Un requisito della fase di legame limita anche l'applicabilità di questi approcci alle proteine ​​con ligandi noti. Il terzo approccio, la proteolisi, si basa sul fatto che le proteine ​​stabili sono generalmente compatte e quindi resistenti alle proteasi mentre quelle instabili non lo sono. Il formato di visualizzazione dei fagi è progettato in modo tale che la stabilità della proteasi della proteina visualizzata si traduca in infettività dei fagi. Pertanto, quando una libreria di visualizzazione fagica variante viene trattata con una proteasi, solo i fagi che mostrano proteine ​​stabili mantengono la loro infettività e possono successivamente essere selezionati infettando un E. coliospite. Poiché questo approccio è indipendente dal legame con il ligando, ha un'utilità generale. Tuttavia, anche le proteine ​​stabili e ben ripiegate hanno siti sensibili alla proteasi, ad esempio anse e linker, e questo a volte potrebbe ostacolare la selezione di specie stabili in un approccio di proteolisi ( Bai, Y. et al., 2004 ).
    [0046]
    Al contrario, nell'attuale approccio evolutivo, le proteine ​​con proprietà biofisiche superiori sono semplicemente identificate ad occhio nudo. L'approccio non richiede il legame del ligando, la proteolisi o le fasi di destabilizzazione e, quindi, evita le complicazioni che possono essere riscontrate negli approcci di selezione riportati. Nessun requisito per un passaggio vincolante significa anche che questo approccio ha un'utilità generale. Come opzione, può essere inclusa una fase di legame per garantire che le proteine ​​selezionate siano funzionali. Tuttavia, la dipendenza del presente approccio dalla placcatura (per la visualizzazione della placca) introduce una possibile limitazione logistica in termini di numero di lastre che possono essere gestite e quindi limita la sua applicazione a librerie più piccole. Tuttavia, l'utilità dell'approccio attuale può essere estesa a grandi biblioteche, se la libreria viene prima ridotta a una dimensione gestibile. Questo può essere fatto, ad esempio, incorporando nel sistema di selezione un passaggio che eliminerebbe grandi popolazioni di specie instabili, ad esempio l'adsorbimento di librerie su una superficie di proteina A, o su una colonna di interazione idrofobica per rimuovere proteine ​​mal ripiegate con superfici idrofobe esposte (Matsuura, T. et al ., 2003 ). Qui, l'approccio è stato utilizzato per selezionare V H s e V L s di buone proprietà biofisiche in uno sfondo di V H s e V L s molto instabili . Tuttavia, può essere più difficile selezionare la specie "migliore" da una libreria mutante che è popolata con proteine ​​con stabilità ragionevolmente buone. In questo caso, le varianti di piombo possono essere identificate in base alla velocità di formazione della placca utilizzando tempi di incubazione più brevi o in base alla dimensione della placca e ai criteri di frequenza.
    [0047]
    Il presente approccio di selezione può essere esteso all'identificazione di frammenti anticorpali stabili e ben ripiegati come scFvs e Fab con l'inclusione facoltativa, nel sistema di selezione, di una fase di legame che coinvolga la proteina L, A o qualsiasi ligando, nonché -scaffold anticorpali e loro varianti. Inoltre, la correlazione osservata tra la dimensione della placca fagica e la resa dell'espressione V H significa che si può utilizzare il presente approccio per acquisire versioni ad alta espressione di proteine ​​con un'espressione altrimenti scarsa o insoddisfacente da librerie di visualizzazione dei fagi mutanti. Questa applicazione sarebbe particolarmente interessante nel caso di proteine ​​terapeutiche o di costosi reagenti proteici a scarsa espressione, in cui l'aumento dell'espressione proteica compenserebbe significativamente i costi di produzione delle proteine.
    Analisi vincolanti dei pentameri
    [0048]
    Sia V L s e V H sono suscettibili di pentamerization s e la pentamerization possono essere utilizzati per convertire rapidamente una bassa affinità V L o V H monomero alta affinità V L o V H pentamero. Tali pentameri sono preziosi agenti diagnostici e di rilevamento. In tali applicazioni, il legame di un V L o V Hil pentamero al suo bersaglio può essere rilevato da una molecola reporter come un enzima (ad esempio, perossidasi di rafano o fosfatasi alcalina), o una molecola fluorescente coniugata al pentamero. In alternativa, il legame del pentamero può essere rilevato da una molecola secondaria che è coniugata ad una molecola reporter. La molecola secondaria può essere specifica del pentamero stesso o di un suo tag, come un tag 6His o c-Myc. Ad esempio, una tipica molecola secondaria è un'immunoglobulina.
    [0049]
    Le interazioni tra VHs e proteina A e VLs con la proteina L sono fondamentalmente diverse da quelle tra VHs e VLs con i loro antigeni bersaglio. Il legame con l'antigene di un V H o di un V L coinvolge tre anelli di legame dell'antigene che formano il sito di combinazione di un dominio anticorpale. Il legame alla proteina A di un V H con attività di legame alla proteina A e di un V L con attività di legame alla proteina L coinvolge siti di legame e residui sui domini dell'anticorpo che sono totalmente distinti dal sito di combinazione dell'anticorpo. Quindi, un V Hcon attività di legame alla proteina A può legarsi contemporaneamente alla proteina A e al suo antigene bersaglio e un V L con attività di legame alla proteina L può legarsi contemporaneamente alla proteina L e al suo antigene bersaglio. Poiché gli attuali V H s e V L s hanno affinità per la proteina A e L, rispettivamente, la proteina A e L può essere utilizzata come molecola secondaria per le applicazioni di rilevamento e diagnostiche menzionate sopra. I pentameri umani V H e V L possono essere utilizzati anche per la terapia.

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    L’infezione alla luce della biologia strutturale
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    https://sibbm.zanichelli.it/italiano/2020/...ia-strutturale/
    Introduzione
    La pandemia di COVID-19 attualmente in corso ha urgentemente spinto l’intera comunità scientifica a dedicare ernomi sforzi, lavoro e risorse all’identificazione e allo sviluppo di nuove strategie farmacologiche per arrestarel’infezione da SARS-CoV-2 (di seguito indicato con CoV-2). Come nell’arte della guerra, per poter sconfiggere il nemico è fondamentale conoscere: com’è fatto il virus, qual è la sua forma? Come infetta le cellule umane? Come cresce, replica e si sviluppa nelle cellule ospite? Di che cosa ha bisogno per sopravvivere? Rispondere a tali domande fornisce le armi, le informazioni chiave a cui i ricercatori ambiscono per sviluppare vaccini e farmaci antivirali sicuri ed efficaci.

    A molte di queste domande è già stato risposto. Ma come si possono ottenere queste informazioni senza poter vedere il nemico? Una particella virale e tutto il macchinario molecolare che usa per replicarsi e sopravvivere nelle cellule ospite non è né visibile a occhio nudo né usando un classico microscopio ottico. È qui che entra in gioco la biologia strutturale, il cui scopo è proprio quello di identificare la struttura tridimensionale delle macromolecole biologiche, come le proteine e gli acidi nucleici, e di correlarla con la loro funzione fisiopatologica. Questa disciplina scientifica si basa su tecniche estremamente avanzate che consentono di visualizzare e analizzare molecole invisibili e di combattere invisibili agenti patogeni. La conoscenza della forma, della struttura tridimensionale, e quindi della chimica del CoV-2 e di tutte le biomolecole responsabili dell’infezione e della replicazione virale costituisce il mezzo ottimale per sviluppare strategie di cura e per identificare, progettare e produrre molecole come vaccini e farmaci antivirali, che bersaglino e arrestino le sue funzioni e i suoi effetti dannosi sulla salute umana.

    Al momento, le strutture di 13 delle 26 proteine di CoV-2 sono state depositate nella banca dati internazionale delle strutture di proteine (Protein Data Bank, PDB), ma ci si aspetta che il numero cresca rapidamente nel prossimo futuro.

    Nei prossimi paragrafi, partendo dalla descrizione dell’architettura complessiva del virus, verranno descritte le strutture delle tre protein di CoV-2 che sono considerate attualmente come i migliori bersagli farmacologici potenziali, ovvero la proteasi principale Mpro, la proteina Spike (S) e l’RNA polimerasi dipendente dall’RNA (RNA dependent RNA polymerase, RdRp). Verrà anche analizzata la relazione che lega le strutture di queste molecule alle loro funzioni fisiopatologiche. Le tecniche di biologia strutturale citate sono descritte nella sezione Approfondimenti: le tecniche.

    CoV-2: un altro coronavirus con la corona
    Il primo isolamento documentato del CoV-2 a partire da campioni prelevati di pazienti infetti è stato realizzato all’ospedale Spallanzani di Roma1 e ha permesso di intraprendere lo studio del nuovo agente patogeno virale in diversi laboratori a livello internazionale. Le immagini delle particelle virali, isolate da persone di tutto il mondo, sono state ottenute usando un microscopio particolate che sfrutta elettroni anziché fotoni come sorgente di radiazione, ossia il microscopio elettronico a trasmissione (TEM). Le proprietà ottiche degli elettroni rendono possibile osservare oggetti fino a 1–10 000 volte più piccoli di 1 µm (10−6 m). Le immagini ottenute mediante TEM di CoV-2 hanno confermato che il virus appartiene alla famiglia dei coronavirus, data la tipica forma a corona della superficie esterna (Figura 1).

    Ora sappiamo che il CoV-2 fa parte, più nello specifico, dei β-coronavirus, costituiti da un RNA a singolo filamento con senso positivo (v. Il mondo sorpredente del genoma di SARS-CoV-2), di circa 29,9 kilobasi (kb; 1 kilobase = 1000 basi). Una particella virale (il virione) di CoV-2 ha un nucleocapside composto dall’RNA genomico e ricoperto da proteine fosforilate che interagiscono con la membrana virale durante l’assemblaggio del virione, giocando un ruolo critico nel potenziare la replicazione del virus2. L’RNA genomico e il nucleocapside sono avvolti da un doppio strato di fosfolipidi in cui sono immerse diverse proteine che svolgono ruoli cruciali per l’infezione e la replicazione: la proteina S, la proteina di membrana (M), l’emoagglutinina esterasi (HE) e la proteina del rivestimento (E). La particella virale ha un diametro di 60–100 nm (10−9 m) e appare rotonda o ovale3.
    figura1
    La proteasi principale del CoV-2: l’origine dell’intero arsenale molecolare del virus
    Durante l’infezione della cellula ospite, il genoma virale agisce come RNA messaggero (v. Il mondo sorpredente del genoma di SARS-CoV-2) e dirige la sintesi di due grandi poliproteine (pp1a e pp1ab) che contengono al loro interno proteine più piccole necessarie alla produzione di nuove particelle virali all’interno delle cellule infette. Tale insieme di proteine comprende: un complesso di replicazione/trascrizione, diverse proteine strutturali necessarie a costruire virioni e due proteasi4,5. Queste due proteasi giocano un ruolo essenziale poiché tagliano le due grandi poliproteine nelle proteine funzionali più piccole.
    La protease principale di CoV-2, che effettua il maggior numero di tagli, pesa 33,8 kDa e si chiama Mpro, altrimenti conosciuta come proteasi 3C-simile (simile alla chimotripsina). La Mpro è fondamentale per la replicazione virale ed è assente nelle cellule umane. Per questa ragione essa rappresenta un buon bersaglio per lo sviluppo di nuovi farmaci antivirali: il blocco delle sue funzioni sarebbe infatti letale per il virus, ma sicuro per gli esseri umani.
    Il meccanismo di azione di Mpro è simile a quello di altre proteasi. Tutte le proteasi possiedono due residui amminoacidici chiave: un residuo attivatorio (di solito un’istidina, His) che rimuove protoni da un gruppo ossidrilico o tiolico della catena laterale di un secondo residuo (di solito una serina, Ser, o una cisteina, Cys) che agisce come potente nucleofilo, ossia un potente donatore di elettroni. Nell’Mpro, che è una proteasi in cisteina, la diade catalitica è costituita da His41 e Cys1456 (i numeri identificano la posizione all’interno della sequenza amminoacidica della proteina).
    Il meccanismo di reazione con cui Mpro catalizza l’idrolisi della poliproteina virale è descritto in Figura 2.
    figura2

    La struttura cristallografica della proteina Mpro in complesso con l’inibitore N3
    Jin e collaboratori hanno ottenuto la struttura cristallografica ad alta risoluzione della proteina Mpro in complesso con N3 (Figura 3), una molecola nota per legare e inibire la proteasi principale di altri coronavirus, come SARS-CoV e MERS-CoV (codice di accesso in PDB: 6lu7)6. L’N3 è un inibitore simile a un oligopeptide (Figura 3D).

    L’analisi della struttura mostra che la proteina appare come dimero (Figura 3A), formato da due subunità identiche di 306 aminoacidi (A e B). Ogni monomero è formato da tre differenti domini (Figura 3B):

    dominio I (residui 1–101);
    dominio II (residui 102–184);
    dominio III (residui 201–306) .
    I domini I e II hanno una tipica struttura a barile β in cui i filamenti β si dispongono in modo antiparallelo, mentreil dominio III è formato da cinque α-eliche. Il dominio III è unito al dominio II da un lungo ripiegamento (residui 185–200). Il sito di legame al substrato consiste in una cavità profonda che è posta in prossimità dell’interfaccia del dimero tra i domini I e II e contiene la diade catalitica Cys145-His41 (Figura 3C). L’analisi della struttura ha consentito di capire che l’inibitore N3 lega fortemente la cavità dell’Mpro che normalmente alloggia il substrato, formando un legame covalente con la Cys145. L’analisi dell’interazione tra N3 e i residui che rivestono la cavità hanno fornito importanti informazioni strutturali per progettare inibitori potenti e reversibili dell’Mpro.
    Come la Mpro di SARS-CoV, quella di CoV-2 taglia le poliproteine pp1a e pp1ab in specifiche posizioni amminoacidiche, identificando i siti di taglio grazie a particolari “sequenze di base” nelle poliproteine7. Le posizioni dei residui che appartengono alle sequenze di base nelle poliproteine sono nominate a seconda della posizione relativa rispetto al sito di taglio ed è possibile identificarle in modo molto specifico (per i dettagli, vedere la legenda della Figura 3C e la referenza bibliografica n. 8).
    La sovrapposizione di sequenze delle Mpro di 12 coronavirus, inclusi CoV-2, SARS-CoV e MERS-CoV, mostra che i residui che rivestono la tasca che lega il substrato sono fortemente conservati9-12. Questo suggerisce che un potente inibitore di CoV-2 potrebbe essere un composto leader per guidare la sintesi di farmaci ad ampio spettro contro tutte le infezioni da coronavirus.

    figura3

    Dalla struttura dell’Mpro del CoV-2 ai farmaci: il ruolo degli screening virtuali e high-throughput
    La struttura dell’Mpro di CoV-2 in complesso con l’inibitore N3 fornisce un modello e delle informazioni che possono essere usati per identificare altre molecole organiche capaci di legare la tasca catalitica dell’Mpro con più alta affinità, e condurre così allo sviluppo di nuovi farmaci antivirali specifici per il CoV-2. Una delle metodiche che è usata correntemente per identificare nuovi composti capostipiti è lo screening virtuale. Lo screening virtuale è una tecnica computazionale che permette di analizzare grandi numeri di dati (highthrouput screening) di librerie di migliaia di composti chimici, per identificare molecole che abbiano maggiori probabilità di legare il bersaglio farmacologico. Il legame del composto chimico al bersaglio viene simulato in silico (ossia in maniera totalmente predittiva), riducendo fortemente i costi, il tempo e lo sforzo rispetto allo stesso screening eseguito sperimentalmente. Una volta identificato un numero più piccolo di composti, vengono eseguiti esperimenti di laboratorio per confermare e ulteriormente selezionare il composto che lega a maggior affinità il bersaglio.

    Jin e collaboratori6 hanno usato proprio questa tecnica per identificare molecole con un volume corrispondente a quello della tasca catalitica dell’Mpro, partendo dalla sua struttura cristallografica in complesso con N3. Tutti i composti, tipicamente piccole molecole organiche, conservate in una specifica banca dati, sono stati testati in silico per individuare quelli che, date le proprietà geometriche e chimiche, potessero essere potenzialmente in grado di legare la Mpro nella tasca catalitica. Lo screening dei composti viene effettuato tramite programmi dedicati. In questo caso è stato usato Glide (versione 8.2). Questa analisi ha portato all’identificazione di un composto, detto cinaserina, che ha mostrato il punteggio più alto e la modalità più sensata di legame alla tasca catalitica dell’Mpro. La cinaserina è un antagonista della serotonina molto ben caratterizzato, che è stato testato preliminarmente sugli esseri umani negli anni ’60 del Novecento e che ha mostrato di inibire l’Mpro di SARS-CoV. Di rilievo è il fatto che la cinaserina non è tossica per le cellule umane, mostrando una citotossicità del 50% a concentrazioni più alte di 200 μM, mentre è capace di inibire l’Mpro di CoV-2 a concentrazioni più basse (IC50=125 μM). Perciò, la cinaserina rappresenta un buon candidato come farmaco antivirale, che potrebbe essere ottimizzato per ottenere il farmaco nella sua forma finale13.

    Infatti, una volta che un nuovo composto è identificato, viene inizialmente somministrato ad animali da esperimento, e successivamente agli esseri umani nel corso di sperimentazioni cliniche per testarne sicurezza ed efficacia. Possono volerci dai 10 ai 15 anni, o anche di più, per completare tutte le fasi di una sperimentazione clinica prima di giungere allo stadio di licenza di un nuovo farmaco. Una strategia alternativa per accelerare i tempi è quella di testare l’attività di molecole esistenti e già approvate per altre patologie. Jin e collaboratori hanno applicato questa strategia per trovare velocemente farmaci contro COVID-1914. Infatti, hanno analizzato oltre 10 000 composti come ligandi possibili della Mpro, inclusi farmaci già approvati, alcuni candidati per le sperimentazioni cliniche e anche dei prodotti naturali. Tra questi, hanno identificato un derivato del 5-fluorouracile, il Carmofur (1-hexylcarbamoyl-5-fluorouracil), che è risultato capace di legare ed inibire l’Mpro (Figura 4, a sinistra). Il Carmofour è stato già approvato come farmaco antitumorale ed è usato per trattare il cancro del colon retto fin dal 1980. Sempre, Jin e collaboratori hanno risolto la struttura cristallografica dell’Mpro in complesso con il Carmofour, scoprendo le basi molecolari dell’efficacia del composto. In particolare, l’acido grasso di Carmofour lega la Cys145 attraverso un legame covalente, inibendo l’enzima (Figura 4, a destra). Questo studio è particolarmente importante poiché dimostra che il Carmofour, un farmaco già approvato e commercialmente disponibile, potrebbe essere potenzialmente usato contro la COVID-19 e fornisce le basi strutturali per progettare nuovi e più potenti inibitori ad ampio spettro che potrebbero essere usati per trattare tutte le infezioni da coronavirus.
    figura4

    La proteina Spike del CoV-2: la chiave molecolare del virus
    I virus evolvono continuamente le proteine della loro superficie per potenziare l’interazione con i recettori sulle cellule ed entrare in esse con maggior efficienza secondo il modello chiave-serratura. Questo è anche il caso della proteina Spike (S) di CoV-2 (la chiave) e del recettore umano Angiotensin Converting Enzyme 2 (hACE2, la serratura).

    La proteina S è una delle più interessanti e studiate tra quelle che contribuiscono al legame con il recettore dell’ospite e alla patogenesi virale. La proteina S “decora” la superficie del virus ed è responsabile per l’aspetto a corona della superficie virale, da cui il nome coronavirus. Questa è usata dal virus come una chiave per entrare nelle cellule ospite15. Agisce legando il recettore sulle cellule bersaglio, induce l’endocitosi dei virioni e catalizza la fusione tra le membrane cellulari e virali, assicurando l’ingresso dell’RNA genomico virale nel citoplasma delle cellule. La proteina S rappresenta anche il bersaglio principale del sistema immunitario, attivandolo e inducendo la produzione di anticorpi. Per questa ragione è considerata il bersaglio primario di farmaci antivirali e vaccini. Fortunatamente, la mole di dati strutturali sulle proteine S dei coronavirus correlati al SARS-CoV (SARSr-CoVs, SARS-related CoVs), inclusa la struttura recentemente determinata di S di CoV-2 (d’ora in avanti indicata con CoV-2-S), costituiscono una ricca fonte di informazioni utili per progettare molecole inibitrici della sua funzione e, quindi, potenzialmente usabili intrattamenti terapeutici.

    L’organizzazione strutturale di CoV-2-S è molto simile a quella delle proteina S di altri coronavirus come SARS-CoV e MERS-CoV. Essa è una proteina trimerica transmembrana formata da tre unità identiche, dette protomeri (Figura 5). Ogni protomero espone all’esterno delle catene di zuccheri che servono a ingannare il sistema immunitario16,17.

    figura5
    Ogni protomero di CoV-2-S (per esempio, quello blu nella Figura 5) comprende due subunità funzionali: una responsabile per il legame al recettore sulle cellule bersaglio (la subunità S1) e l’altra coinvolta nella fusione con la membrane cellulare (subunità S2). Più in dettaglio, la subunità S1 contiene:

    un dominio N-terminale (NTD, N-Terminal Domain);
    due subdomini detti SD1 e SD2 (Subdomain 1 e 2);
    il dominio di legame al recettore (RBD, Receptor Binding Domain) responsabile per il legame alla cellula ospite attraverso l’interazione con ACE2 (vedi oltre);
    un dominio C-terminale che contiene il macchinario di fusione che aiuta il virus ad entrare nelle cellule (Figura 6A)16,17.
    La CoV-2-S, come varie proteine spike di altri SARSr-CoV, è tagliata da proteasi cellulari al confine tra le subunità S1 ed S2, generando due regioni separate che rimangono legate in modo non covalente nella cosiddetta “conformazione di prefusione”. Infatti, CoV-2-S esiste in due differenti conformazioni, chiamate “su” (up) e “giù” (down) (Figura 6B). Nella conformazione “giù”, la CoV-2-S non può mediare la fusione della CoV-2 con la membrana della cellula ospite. Per assicurare l’ingresso del virus, deve andare incontro ad un cambiamento conformazionale, che garantisce l’acquisizione della conformazione “su”16.

    figura6

    L’acquisizione della conformazione “su” si verifica non appena la CoV-2-S si avvicina ad ACE2; in seguito, avviene il taglio da parte delle proteasi cellulari nel sito S1/S2 (Figura 7). Dopo il taglio, le subunità S1 e S2 assolvono a differenti funzioni:

    la S1 lega ACE2 attraverso l’RBD;
    la S2 media l’ingresso del virus dopo un ulteriore taglio a un sito secondario chiamato S2′. Questo taglio si pensa attivi la fusione di membrane attraverso un altro esteso ed irreversibile cambiamento conformazionale.
    In conclusione, l’ingresso del coronavirus in cellule suscettibili è un processo complesso che richiede l’azione concertata del legame al recettore e del processamento proteolitico della proteina S per promuovere la fusione tra virus e cellula. Una delle proteasi cellulari coinvolta nell’ingresso della CoV-2 nelle cellule ospiti è la serina proteasi transmembrana 2 (TMPRSS2, Transmembrane Serine Protease 2), che è richiesta anche per l’infezione da SARS-CoV. Infatti, l’inibizione di TMPRS22 blocca l’ingresso di SARS-CoV e CoV-2 nelle cellule.

    È interessante il fatto che la CoV-2-S possieda un’inserzione di quattro amminoacidi al confine tra S1 ed S2 rispetto a alla proteina S di SARS-CoV. Questi quattro amminoacidi addizionali costituiscono il sito di taglio per una specifica proteasi umana chiamata furina16. La presenza di questo sito di taglio peculiare per la furina in CoV-2-S ha fatto ipotizzare che, data l’espressione praticamente ubiquitaria delle proteasi simili alla furina, esse potrebbero aver partecipato all’acquisizione del più ampio tropismo cellulare e tissutale di CoV-2 rispetto a SARS-CoV, come anche a un incremento della sua trasmissibilità e patogenicità16. È stato dimostrato di recente che, come TMPRSS2, la furina sia essenziale per l’ingresso di CoV-2 nelle cellule ospiti. Inoltre anche la catepsina D, una proteasi tipica dei lisosomi, è richiesta per un ingresso efficiente del CoV-2. Inoltre, è di rilievo che tutte queste proteasi sembrino cooperare per mediare l’infezione da CoV-2. Questo non è il caso di SARS-CoV, che non ha un sito di taglio per la furina.

    Continua nel sito sopra , link...

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    https://it.wikipedia.org/wiki/Esperimenti_su_TMV
    Esperimenti su TMV

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
    Jump to navigationJump to search
    Gli esperimenti eseguiti sul virus del mosaico del tabacco (A. Gierer e G. Schramm 1956 - Fraenkel-Conrat e Singer 1957) dimostrarono che nei virus a RNA il materiale genetico è appunto l'RNA.

    Esistono diversi virus a RNA: alcuni infettano i batteri (sono quindi dei fagi), altri infettano gli animali (per esempio il virus responsabile della poliomielite) altri infine infettano le piante (ad esempio il virus del mosaico del tabacco, altrimenti noto come TMV).

    Il TMV è costituito esclusivamente da un'elica di RNA circondata da un involucro polimerico (il cui monomero è una particolare proteina) che prende il nome di capside. È un classico virus a simmetria elicoidale.

    L'esperimento di A. Gierer e G. Schramm
    Questi due scienziati nel 1956 riuscirono ad isolare il TMV e a separare l'elica di RNA dal rivestimento proteico. L'iniezione del solo RNA all'interno di cellule in una pianta di tabacco sana era sufficiente a scatenare l'infezione virale. I virus formati in seguito all'infezione erano formati da un'elica di RNA circondata dal capside proteico.

    [IMG]TMV1[/IMG]
    Evidentemente l'RNA conteneva l'informazione per la costruzione del rivestimento proteico e di conseguenza doveva essere il materiale genetico.

    L'esperimento di Fraenkel-Conrat e Singer

    Ad un anno dalla prova sperimentale appena descritta, Fraenkel-Conrat e Singer idearono un esperimento in grado di confermare i risultati precedentemente ottenuti da Gierer e Schramm.

    Procedettero isolando due ceppi di TMV che presentavano un rivestimento proteico leggermente differente. Riuscirono a "spogliare" le eliche di RNA dai rispettivi capsidi e a "ricostruire" le particelle virali in vitro facendo però in modo che l'RNA del primo ceppo venisse ricoperto dalle proteine che rivestivano originariamente il secondo ceppo, e viceversa.

    Iniettando questi virus in piante sane si otteneva come risultato una progenie virale che presentava il rivestimento proteico originario.

    TMV2

    Il risultato fu in grado di confermare le conclusioni tratte un anno prima da Gierer e Schramm.



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    MOLTIPLICAZIONE DEI VIRUS
    PDF VISIONABILE E SCARICABILE QUI: http://math.unife.it/lm.biomolecolare/inse...one-virus-1.pdf




    Questi sono estratti vedere integrale con immagini e schemi.

    Infezione abortiva: ciclo non completo (virus defettivo o cellula non permissiva) ... In ogni monomero del capside c'è un avvallamento (“canyon”) ...

    Un virus può riprodurre se stesso
    soltanto se penetra in una cellula
    ospite suscettibile e permissiva
    all’infezione virale.

    Moltiplicazione dei virus

    Qualche definizione:
    Spettro d’ospite: animale o cellula che può essere infettata dal virus
    Suscettibilità: capacità di essere infettati
    Permissività: capacità di trascrivere il genoma ed esprimere tutte le proteine virali
    Infezione produttiva: quando viene prodotta una progenie virale infettante (cellule
    suscettibili e permissive)
    Infezione abortiva: ciclo non completo (virus defettivo o cellula non permissiva)

    Cellule suscettibili possono essere non permissive

    Ciclo replicativo virale
    Esperimento di Ellis and Delbruck, 1939:
    Infezione di E. coli con fago ad alta molteplicità di infezione
    (m.o.i.), per avere infezione simultanea di tutte le cellule.
    Prelievo di campioni ad intervalli regolari per contare il numero
    di fagi (PFU – unità formanti placca).

    Esempi di spoliazione sulla MEMBRANA plasmatica
    Nel caso del batteriofago T4, la
    spoliazione avviene sull’involucro
    esterno del batterio (penetra solo
    l’acido nucleico).
    In alcuni Picornavirus, la spoliazione
    avviene sulla membrana plasmatica,
    entra solo il genoma (RNA).

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    Struttura dei virus e classificazione - MONOMERO
    www.my-personaltrainer.it/salute/virus1.html


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    www.ilgiornale.it/news/salute/covi...no-1967130.html
    Covid, ecco come i nanocorpi bloccano il virus


    13 Agosto 2021 - 19:34
    Questi nuovi anticorpi sono stati scoperti dai ricercatori dell'Istituto Max Planck per la chimica biofisica e dagli studiosi del Centro medico universitario di Göttingen

    Gli anticorpi sono proteine prodotte dai linfociti B in grado di attaccarsi agli agenti patogeni e di neutralizzarli in modo che essi non possano più infettare le cellule sane. Oltre a quelli generati dal sistema immunitario, esistono anticorpi prodotti industrialmente che vengono somministrati a pazienti affetti da epatite B, rabbia e Covid al fine di alleviare i sintomi e di abbreviare il decorso della malattia.

    Gli scienziati dell'Istituto Max Planck (MPI) per la chimica biofisica di Göttingen (Germania) e del Centro medico universitario di Göttingen (UMG) hanno sviluppato mini-anticorpi (noti anche come anticorpi VHH o nanocorpi) che agiscono come un potente farmaco contro il Covid e le sue varianti. Lo studio è stato pubblicato su "The Embo Journal".

    A prima vista i nuovi nanocorpi potrebbero risultare simili ai nanocorpi anti SARS-CoV-2 messi a punto in altri laboratori. Tutti sono diretti contro il dominio legante il recettore che il virus distribuisce per invadere le cellule ospiti. Essi bloccano tale dominio di legame e impediscono al patogeno di infettare le cellule. I nuovi nanocorpi, che possono resistere a temperature fino a 95 gradi e che quindi sono più facili da conservare, riescono a legarsi fino a 1000 volte più fortemente alla proteina spike e ai recettori mutati dei ceppi Alpha, Beta, Gamma e Delta. Gli stessi, inoltre, sono potenzialmente adatti per l'inalazione e, dunque, per la neutralizzazione diretta del virus nel tratto respiratorio. Infine, in quanto piccoli, potrebbero penetrare con facilità nei tessuti e impedire così al patogeno di diffondersi ulteriormente.

    I ricercatori hanno scoperto che un triade di nanocorpo migliora il legame e sono giunti a questa conclusione raggruppando tre nanocorpi identici in base alla simmetria della proteina spike. La tripletta non solo non consente il rilascio della proteina spike, ma neutralizza il virus fino a 30mila volte meglio dei singoli nanocorpi. Ma non è tutto. La dimensione maggiore della triade di nanobody ritarda presumibilmente l'escrezione renale. Rimanendo più a lungo nel corpo, l'effetto terapeutico risulta essere maggiormente duraturo. Quali che siano le varianti di nanocorpi (monomeriche, doppie, triple) quantità molto piccole sono sufficienti per fermare il Covid. Se usati come farmaci, si prospettano bassi dosaggi, minori effetti collaterali e costi di produzione più contenuti.

    Il dominio di legame al recettore del Covid è noto per essere un buon candidato per un vaccino proteico, tuttavia, sino ad ora, è difficile da produrre economicamente su larga scala e in una forma che attivi il sistema immunitario contro il virus. Di conseguenza i batteri programmati producono materiale piegato in modo errato. Gli studiosi hanno ovviato a tale problema individuando speciali nanocorpi che impongono il corretto ripiegamento nelle cellule batteriche senza ostruire la parte cruciale di neutralizzazione del dominio che si lega al recettore. Ciò potrebbe consentire la produzione di vaccini a basso costo in grado di essere adattati rapidamente a nuove varianti del patogeno.

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    Molecole con emivite prolungate, composizioni e loro usi
    https://patents.google.com/patent/US20030190311?oq=fago+m13

    Astratto
    La presente invenzione fornisce molecole, tra cui IgG, immunoglobuline non IgG, proteine ​​e agenti non proteici, che hanno un'emivita in vivo aumentata a causa della presenza di un dominio costante IgG, o una sua porzione che si lega all'FcRn, avente uno o più modificazioni di amminoacidi che aumentano l'affinità del dominio o frammento costante per FcRn. Tali proteine ​​e molecole con emivite aumentate hanno il vantaggio che nell'uso terapeutico, profilattico o diagnostico di tali molecole sono richieste quantità minori eo dosaggi meno frequenti.

    Ad esempio, gli anticorpi possono anche essere generati utilizzando vari metodi di visualizzazione dei fagi noti nell'arte. Nei metodi di visualizzazione fagica, i domini anticorpali funzionali vengono visualizzati sulla superficie delle particelle fagiche che trasportano le sequenze polinucleotidiche che le codificano. In una forma di realizzazione particolare, tale fago può essere utilizzato per visualizzare domini di legame all'antigene, come Fab e Fv o Fv stabilizzato con legame disolfuro, espresso da un repertorio o da una libreria di anticorpi combinatori (ad esempio umano o murino). Il fago che esprime un dominio di legame all'antigene che lega l'antigene di interesse può essere selezionato o identificato con l'antigene, ad esempio, utilizzando l'antigene marcato o l'antigene legato o catturato su una superficie solida o perla. I fagi utilizzati in questi metodi sono tipicamente fagi filamentosi, inclusi fd e M13. I domini di legame dell'antigene sono espressi come una proteina fusa in modo ricombinante al gene III del fago o alla proteina del gene VIII. In alternativa, la porzione di legame di FcRn modificata delle immunoglobuline della presente invenzione può anche essere espressa in un sistema di visualizzazione dei fagi. Esempi di metodi di visualizzazione dei fagi che possono essere utilizzati per produrre le immunoglobuline, o loro frammenti, della presente invenzione includono quelli divulgati in Brinkman et al., J. Immunol. Metodi, 182:41-50, 1995; Ames et al., J. Immunol. Metodi, 184:177-186, 1995; Kettleborough et al., Eur. J. Immunol., 24:952-958, 1994; Persic et al., Gene, 187:9-18, 1997; Burton et al., Advances in Immunology, 57:191-280, 1994; domanda PCT n. PCT/GB91/01134; pubblicazioni PCT WO 90/02809; WO 91/10737; WO 92/01047; WO 92/18619; WO 93/1 1236; WO 95/15982; WO 95/20401; e US Pat. nn. 5.698.426; 5.223.409; 5.403.484; 5.580.717; 5.427.908; 5.750.753; 5.821.047; 5.571.698; 5.427.908; 5.516.637; 5.780.225; 5.658.727; 5.733.743 e 5.969.108; ciascuno dei quali è qui incorporato per riferimento nella sua inter

    ezza.
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    Nuovo metodo di clonazione e mutagenesi in vitro mediante clonazione inversa pcr

    https://patents.google.com/patent/WO201211.../fr?oq=fago+m13
    WO2012113954A1
    OMPI (PCT)
    Eventi applicativi PCT/ES2012/070096
    21/02/2011
    Priorità a ES201130222A
    21/02/2011
    Priorità a ESP201130222
    2012-02-21
    Domanda presentata da Universidade De Santiago De Compostela
    2012-08-30
    Pubblicazione di WO2012113954A1

    Astratto
    Astratto
    La presente invenzione riguarda un nuovo metodo di clonazione diretta o di clonazione e mutagenesi diretta e simultanea in cui viene effettuata una prima PCR convenzionale con primer la cui sequenza si ibrida in parte con l'inserto e in parte con il vettore desiderato e può contenere mutazioni, e una seconda PCR di clonazione inversa che utilizza direttamente gli ampliconi generati nella PCR classica producendo nuovi ampliconi a doppio filamento con estremità lunghe e coesive complementari che circolano in situsotto forma di costrutti genici di tipo vettoriale stabili, contenenti il ​​frammento di DNA clonato direttamente nel vettore desiderato. La presente invenzione riguarda anche un kit che comprende le istruzioni per l'attuazione di detto metodo e l'uso di detto kit per clonazione diretta o clonazione e mutagenesi diretta e simultanea.

    US5514568A * 1991-04-26 1996-05-07 Eli Lilly e compagnia Reazione enzimatica a catena della polimerasi inversa
    US20040248131A1 * 2001-10-02 2004-12-09 Thomas rudel Metodi per la mutagenesi del DNA e la clonazione del DNA



    -------------------------------------------------------------------------------------------------------

    Fagi ricombinanti
    https://patents.google.com/patent/US20020044922?oq=fago+m13
    Astratto
    La presente invenzione riguarda batteriofagi per l'uso nel trattamento o nella profilassi di infezioni batteriche, in particolare infezioni batteriche delle mucose come infezioni da Helicobacter pylori . In particolare, si riferisce a batteriofagi filamentosi modificati. ad esempio fagi M13, per tale uso, i quali batteriofagi presentano sulla propria superficie una proteina ricombinante comprendente: (i) un primo componente derivato da una proteina di superficie del batteriofago; e (ii) un secondo componente comprendente sequenze di regioni variabili di un anticorpo per fornire un sito di legame per l'antigene batterico, detto secondo componente rendendo detto batteriofago capace di legarsi, e quindi di inibire la crescita di cellule batteriche coinvolte nell'eziologia di detta infezione.

    Applicazione US09/927.420 eventi
    1996-02-06
    Priorità a SE9600434-6
    1996-02-06
    Priorità a SE9600434A
    1998-08-06
    Priorità a US11779898A
    2001-08-10
    Domanda presentata da Sven Mardh
    2001-08-10
    Priorità a US09/927.420
    2002-04-18
    Pubblicazione di US20020044922A1
    Stato
    Abbandonato

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  11. KIARAREBEL
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    https://it.wikipedia.org/wiki/Terapia_fagica

    TERAPIA FAGICA

    135758319-fc44c629-1705-4b81-9ef7-bfa109c732eb

    Con terapia fagica si intende l'uso terapeutico dei batteriofagi per trattare le infezioni dei batteri patogeni.

    I batteriofagi, noti anche come fagi, sono una forma di virus. Questi attaccano i batteri e inseriscono al loro interno il loro genoma virale. Successivamente, il genoma virale sostituisce efficacemente il genoma batterico impedendo al batterio stesso di riprodursi e quindi fermando l'infezione; inoltre il batterio invece di dare vita ad altri batterio produce nuovi fagi.
    I fagi sono molto selettivi nei ceppi batterici contro i quali sono efficaci. I vantaggi di questa terapia comprendono una riduzione degli effetti collaterali e un ridotto rischio di resistenza allo sviluppo batterico. Gli svantaggi includono la difficoltà di trovare un fago efficace per una particolare infezione.

    I fagi sono spesso paragonati agli antibiotici, i primi tendono ad avere più successo dei secondi quando ci si confronta con batterio con un biofilm coperto da uno strato di polisaccaridi, che gli antibiotici in genere non riescono a penetrare, inoltre sono molto più specifici degli antibiotici. I batteriofagi sono in genere innocui non solo per l'organismo ospite ma anche per altri batteri benefici, come la flora intestinale, riducendo le possibilità di infezioni opportunistiche. Hanno un alto indice terapeutico, vale a dire che la terapia fagica dovrebbe causare pochi effetti collaterali, anche a livelli terapeutici più elevati. Poiché i fagi si replicano in vivo (nelle cellule dell'organismo vivente), è possibile utilizzare una dose efficace più piccola.

    I fagi sono attualmente usati terapeuticamente per trattare le infezioni batteriche che non rispondono agli antibiotici convenzionali, in particolare in Russia e Georgia.[6][7][8] Esiste anche un'unità di terapia fagica a Breslavia, in Polonia, fondata nel 2005, l'unico centro di questo tipo in un paese dell'Unione europea. I fagi sono oggetto di rinnovata attenzione clinica nei paesi occidentali, come gli Stati Uniti. Nel 2019, la Food and Drug Administration statunitense ha approvato il primo studio clinico statunitense per la terapia dei fagi via endovena.

     
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  12. KIARAREBEL
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    https://www.agi.it/blog-italia/salute/fagi...ost/2019-05-20/

    La resistenza agli antibiotici è un problema sempre più grave. I fagi killer sono la soluzione?

    batteri-sulle-mani-768x471

    Nel 2016 si contano circa 50.000 decessi, in Italia, per infezioni ospedaliere. Soltanto nel 2003 erano circa 18.000 (dati di Osservasalute). La causa di questa strage, che colpisce soprattutto gli anziani, è da attribuire al fenomeno dell’antibiotico-resistenza.

    La resistenza agli antibiotici sta raggiungendo livelli pericolosamente elevati in tutto il mondo. Nuovi meccanismi di resistenza stanno emergendo e si stanno diffondendo a livello globale, minacciando la nostra capacità di trattare le malattie infettive. Numerose infezioni – come la polmonite, la tubercolosi, la gonorrea – stanno diventando sempre più difficili, e talvolta impossibili, da combattere man mano che gli antibiotici diventano meno efficaci. Tutto ciò è una conseguenza della facilità di somministrazione degli antibiotici e spesso della sovra-prescrizione degli stessi sia in ambito umano che veterinario.

    Senza azioni urgenti e senza ricerca innovativa ci avvieremo verso un'era post-antibiotica, nella quale le infezioni comuni ritorneranno ancora una volta ad uccidere. Quali innovazioni? Abbiamo bisogno di nuovi antibiotici?

    Oggi disponiamo di almeno 700 farmaci antimicrobici, di cui più di 450 antibiotici, e non sembrano essere abbastanza. Recentemente, numerose aziende farmaceutiche hanno costituito dei consorzi per stimolare la ricerca nel settore e intraprendere azioni comuni di lotta alla resistenza antimicrobica. Certamente tutto ciò è importante ma forse è necessario cercare nuove armi perché i batteri si evolvono e mutano continuamente, come è nella loro natura. Per questa ragione, pochi giorni fa, un articolo apparso su Nature Medicine ha suscitato molto interesse perché per la prima volta una paziente affetta da fibrosi cistica è stata curata da una grave infezione senza l’utilizzo di antibiotici.

    La fibrosi cistica, infatti, è una patologia genetica che rende il malato suscettibile ad infezioni batteriche particolarmente aggressive, proprio perché spesso ceppi di batteri resistenti si selezionano per il trattamento cronico e molto forte di antibiotici. La paziente combatteva da molto tempo contro una infezione da Mycobacterium abscessus, un micobatterio non tubercolare a rapida crescita emergente in tutto il mondo, capace di scambiare materiale genetico con altre specie e causare infezioni polmonari molto gravi.

    Tutti i tentativi fatti con diversi antibiotici non avevano funzionato: per questa ragione, i colleghi inglesi che tenevano in cura Isabelle, hanno pensato di fare un tentativo disperato, utilizzare i fagi, virus che attaccano i batteri in modo specifico e selettivo. Per Isabelle, è stato preparato un cocktail di fagi geneticamente modificati e mai utilizzati prima sull’uomo. Dopo 6 mesi di infusioni di trattamento, la paziente è guarita dall’infezione senza conseguenze, ovvero senza effetti collaterali dovuti ai fagi. È del tutto evidente che ci troviamo davanti ad un singolo caso e per questo è necessario procedere con cautela e attendere le conferme, come sempre è doveroso fare nella ricerca sperimentale clinica, ma l’approccio utilizzato è interessante e merita attenzione.

    L’idea di utilizzare i fagi per eliminare i batteri che infettano gli esseri umani non è nuova e risale a circa un secolo fa, ma adombrata dalla disponibilità degli antibiotici, è stata poco sperimentata e finanziata nei Paesi occidentali. Questo ha indotto un microbiologo canadese, pioniere di questa idea, a trasferirsi a Tbilisi, in Georgia, per continuare le sue ricerche, suscitando interesse del regime comunista e dello stesso Stalin. Infatti, anche dopo la sua morte, l'Istituto Eliava da lui fondato ha continuato a portare avanti gli studi sul tema. Ciò non ha favorito lo sviluppo di ricerche sui fagi, considerate durante la Guerra Fredda "…una scienza comunista…”. Oggi, al contrario, anche negli USA c’è chi ritiene queste ricerche meritevoli di interesse e potenzialmente di larghi profitti economici.

    A differenza degli antibiotici che agiscono ad ampio spettro, i fagi colpiscono in modo selettivo su un singolo ceppo batterico. I fagi possono anche essere tossici, ma proprio la resistenza di alcuni ceppi batterici ha suscitato nuovo interesse scientifico su di essi. Gli Stati Uniti hanno aperto di recente un Centro di ricerca specifico a San Diego e altri ricercatori di singoli dipartimenti universitari hanno avviato ricerche sui fagi.

    Nel caso di Isabelle, infatti, il fago killer è stato preparato da Graham Hatfull dell'Università di Pittsburgh, in Pennsylvania. Hatfull e il suo team hanno costruito una banca di oltre 15.000 fagi gestita e curata anche da molti studenti che vanno alla ricerca di fagi-killer. Proprio uno di questi fagi è stato scoperto da uno studente di Durban (Sudafrica) in una melanzana che stava decomponendosi nel terreno in maniera incompleta (una metà resisteva alla decomposizione batterica, perché ricca di un batteriofago in grado di uccidere i micobatteri presenti nel terreno).

    Lo studente chiamò “Muddy” questo fago e lo inviò alla banca di Pittsburgh. Hatfull e collaboratori hanno impiegato 3 mesi alla ricerca di fagi in grado di uccidere il M. abscessus isolato dall'espettorato di Isabelle, trovandone tre. Muddy risultò essere l’unico fago in grado di aiutare Isabelle! Il gruppo di ricerca di Hatfull ha deciso di utilizzare un cocktail dei tre fagi per ridurre le possibilità che M. abscessus sviluppasse resistenza, e attraverso una piccola ma precisa modificazione genetica, ha reso i fagi selezionati in killer batterici affidabili.

    La terapia sperimentata su Isabelle è interessante, ma ancora limitata per la sua specificità e per il fatto che per altri micobatteri come quello della tubercolosi potrebbe essere inefficace in quanto questi batteri sono intracellulari e i fagi non possono entrare nelle cellule. Naturalmente, è assolutamente importante che la comunità scientifica presti la dovuta attenzione a questi studi, affinchè si possa continuare a fare ricerca in questo settore. L’auspicio è che la fagoterapia diventi una terapia affidabile, a costi contenuti e disponibile per un sempre maggior numero di pazienti colpiti da infezioni troppo spesso letali.

     
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  13. KIARAREBEL
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    https://www.paolobenanti.com/post/2017/12/...-stampati-in-3d

    Tatuaggi viventi: utilizzare batteri vivi stampati in 3D





    I ricercatori del MIT hanno modificato geneticamente delle cellule batteriche e contemporaneamente hanno sviluppato una nuova tecnica di stampa in 3D per creare quello che hanno definito un "tatuaggio vivente" che è in grado di reagire a una serie di timoli. Nella fattispecie il tatuaggio vira, cambia colore, in presenza di particolari stimoli chimici.

    L'idea di tatuaggi elettronici e degli smart ink hanno già mostrato come ci si trovi di fronte una rivoluzione rispetto a quanto pensiamo sui dispositivi indossabili (wearable). Fin'ora la ricerca si è concentrata nella ricerca di nuovi materiali capaci di rispondere alle variazioni biochimiche dell'organismo. Al MIT hanno iniziato ad approcciare la questione in maniera differente provando ad utilizzare cellule vive per ottenere scopi funzionali.

    Il primo passo è stato guardare a quali cellule potevano essere utilizzate. Le cellule batteriche si sono rivelate essere le più forti e le più adatte allo scopo perché in grado di sopravvivere al passaggio attraverso l'ugello di stampa e alla forza impressa dal meccanismo 3D. Inoltre sono perfettamente compatibili con il medium (hydrogel) che si utilizza come soluzione per una stampa accurata.

    A questo punto i ricercatori hanno creato una struttura di cellule batteriche in 3D stampata su un sottostrato di materiale elastomero progettato per assomigliare a un albero. I batteri in ogni ramo dell'albero sono stati ingegnerizzati per rispondere a a differenti stimoli chimici. Il tatuaggio è stato posizionato su una mano che era stata in contatto con differenti sostanze chimiche: i rami dell'albero, le cellule batteriche, si sono colorati in maniera corrispondente ai reagenti chimici deposti sulla pelle.

    A questo punto, visto il successo dell'esperimento, il team del MIT ha iniziato a ipotizzare gli utilizzi possibili. Lo scopo ultimo di questi sistemi è realizzare nuovi modi per far arrivare i farmaci direttamente a quelle cellule del nostro organismo che devono essere trattate medicalmente (drug delivery).

    Inoltre questa tecnica lascia ipotizzare qualcosa di ulteriore e più futuristico: la possibilità di realizzare una sorta di computer vivente. Creando strutture complesse fatte di mote differenti cellule opportunamente ingegnerizzate si possono pensare strutture che comunicano nel loro interno in una maniera analoga a come fanno i transistor su un microchip.



    Utilizzi meno lontani nel tempo prevedono la realizzazione di sticker con cellule appositamente ingegnerizzate in grado di rispondere ad alcuni particolari stimoli ambientali o in grado di monitorare parametri vitali in concomitanza con il cambio della temperatura o al mutare del pH della pelle.



    In ambito medico, la stampa 3D viene usata da tempo in specifici settori. Con essa si realizzano ad esempio protesi ossee. Alla luce delle innovazioni annunciate, in un futuro non troppo lontano la stampa tridimensionale potrebbe risolvere il problema della mancanza di organi per i trapianti. Come sottolinea un recente articolo comparso su un’autorevole rivista del settore, sono molti gli scienziati che lavorano in questa direzione.




    Imprese biotecnologiche come Organovo si stanno specializzando in dispositivi di “biostampa 3D” mediante delle macchine non troppo diverse, concettualmente, dalle stampanti 3D che già conosciamo. Ciò che cambia è la materia prima: invece di materiali a base di polimeri plastici o leghe speciali di metallo, questa tecnologia usa cellule viventi di diverso tipo. Una delle tecniche più promettenti consiste nel far deporre dalla stampante strati di cellule in una soluzione di gel e materiali biodegradabili che amalgamano la struttura stampata, non permettendole di dissolversi, fino al momento del trapianto. Successivamente, una volta innestate nel corpo vivente del ricevente, le singole cellule e la struttura si modificano in modo tale da rendere tutto il prodotto stampato autosufficiente e integrato. Man mano che le cellule stampate colonizzano la “protesi” biodegradabile, questa si dissolverà fino a scomparire completamente . Di fatto possiamo immaginare questa macchina come una stampante analoga a quelle che troviamo sulle nostre scrivanie che però utilizza, come “inchiostro”, una soluzione di cellule in sospensione in un gel a base di acqua (idrogel) . Quello che riusciamo ad ottenere al momento è un composto simile a un filato. I tessuti e gli organi, prodotti a partire dallo stampo premodellato in questo materiale sintetico biodegradabile, sono una trama di cellule su un ordito di sottili canali. Attraverso questi minuscoli canali, acqua, ossigeno e sostanze nutritive possono raggiungere le cellule trattenute nel gel.

    Prospettive etiche e orizzonti distopici

    I progressi in atto nelle biotecnologie e la velocità con cui si creano sempre nuove frontiere di intervento sull’uomo suscitano interrogativi e quesiti. Guardando alle biotecnologie come il 3DBioprinting, per valutare nel concreto le sfide etiche di fronte a cui ci troviamo, bisogna inevitabilmente rifarsi a ciò che costituisce un valore umano, cioè a ciò che può attuare l’esistenza umana in maniera autentica. È intuitivo che tutti quegli utilizzi che permettono all’uomo di curare, rigenerandolo, il corpo umano possono e devono essere accolti come positivi, per il modo in cui contribuiscono all’umanizzazione dell’esistenza.

    Il fatto però che tali biotecnologie siano potenti strumenti che consentono potenzialmente di modellare il corpo delle persone in una maniera inedita e con grande facilità comporta un rischio, e cioè che l’applicazione di queste tecniche alla chirurgia estetica si trasformi in una sostanziale svalutazione del corpo e della corporeità, visti come accidens dell’esistenza. Urgono perciò coordinate valoriali per orientare l’innovazione tecnologica. Profetiche appaiono, in tal senso, le parole che Benedetto XVI ha rivolto ai partecipanti al convegno inter-accademico L’identità mutevole dell’individuo:

    “Mentre le scienze esatte, naturali e umane, hanno fatto prodigiosi progressi nella conoscenza dell'uomo e del suo universo, grande è la tentazione di voler circoscrivere completamente l'identità dell'essere umano e di chiuderlo nel sapere che ne può derivare. Per non intraprendere questa via, è importante dare voce alla ricerca antropologica, filosofica e teologica, che permette di far apparire e mantenere nell'uomo il suo mistero, poiché nessuna scienza può dire chi è l'uomo, da dove viene e dove va. La scienza dell'uomo diviene dunque la più necessaria di tutte le scienze” .

    È necessario inserire anche prospettive valutative che sottolineino il tipo di relazione esistente tra innovazione tecnologica e sviluppo sociale. In un contesto economico nel quale le risorse si rivelano limitate, lo sviluppo tecnologico implica una scelta tra diversi ambiti di ricerca. Favorire una ricerca piuttosto di un’altra ha delle implicazioni etiche legate al bene tanto dei singoli quanto dei gruppi. Questi elementi, e i criteri di scelta nella selezione delle aree di sviluppo tecnologico, devono essere resi visibili sottraendoli a interessi sommersi, perché vengano resi oggetto di discernimento morale.

    Una corretta impostazione del dibattito etico dovrà tener conto di tutti i criteri che possono favorire od orientare verso il bene comune le innovazioni tecnologiche. Come credenti abbiamo il compito di abitare i luoghi civili di gestione dell’innovazione per indirizzarla verso forme sempre più umane, essendo presenti e fornendo argomentazioni efficaci nel dibattito pubblico che a questa innovazione soggiace.


    Un nuovo dilemma: naturale, artificiale o sintetico

    In conclusione, prestare la nostra attenzione al 3DBioprinting ci aiuta a rilevare come la nostra vita sia oggi immersa in un processo irreversibile di progressiva artificializzazione della natura. Ricorda Simon che «il mondo in cui viviamo è sempre più un mondo artificiale, fatto dall’uomo, e non un mondo naturale. In quasi tutti gli elementi che ci circondano vi sono tracce dell’intervento artificiale dell’uomo» . È ormai acquisita la consapevolezza che soprattutto nei paesi industrializzati l’uomo è sempre di più a contatto solo con se stesso e con la propria produzione di artefatti:

    “La manipolazione della natura, del territorio, del contesto materiale e vivente è stata tale che lo spazio artefatto, vero e proprio secondo ambiente, si sovrappone alla natura naturale integrandola. L’ampia zona di artificialità che si viene a creare, possiede un suo carattere assorbente e ammortizzante, interponendosi come un materiale spugnoso tra noi e la natura” .

    Siamo in un momento della storia dell’umanità in cui i processi di contaminazione e di ibridazione tra natura e artificio stanno arrivando al culmine, con massima enfasi sull’artificializzazione del corpo umano e dell’ambiente . La crescente e inesorabile sfocatura nella distinzione tra naturale e artificiale, così come il sorgere di questa nuova categoria del sintetico, esigono lo sviluppo di strumenti teoretici adeguati per poter decodificare e vivere le sfide del presente, e per poter far incarnare nell’oggi le verità della nostra fede.

    Solo prestando la dovuta attenzione alle nuove frontiere delle biotecnologie e partecipando attivamente al loro sviluppo e alla loro gestione potremo rendere di nuovo visibile nell’oggi la grandezza della vocazione umana pur nella fragilità della sua costituzione biologica.
     
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  14. KIARAREBEL
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    I robot del futuro? Macchine con cervelli viventi

    Robot-625x350

    ROMA. In un futuro non troppo lontano i robot potrebbero essere delle macchine dotate di un 'cervello' vivente, controllato da colonie di batteri: una possibilità reale, come ha dimostrato l'esperimento coordinato da Waren Ruder del Virginia Tech, che usando un modello matematico è riuscito a controllare il comportamento di un robot con dei batteri.

    Si tratta di un esempio senza precedenti di collaborazione fra mondo vivente e macchine. ''In sostanza abbiamo cercato di scoprire da un modello matematico - spiega Ruder nello studio pubblicato sulla rivista Scientific reports - se era possibile costruire un microbioma vivente, cioè un insieme di microrganismi e batteri, in grado di controllare un ospite non vivente, cioè il robot. Abbiamo così scoperto che i robot possono avere davvero un cervello vivente, che lavora''.

    A ispirare lo studio sono stati esperimenti condotti nel mondo reale, dove il comportamento di accoppiamento dei moscerini della frutta è stato manipolato con i batteri, e dei topi erano apparsi meno stressati dopo l'impianto di probiotici. In questo esperimento matematico, i batteri, geneticamente modificati, diventavano verdi o rossi a seconda di quello che mangiavano, mentre il robot 'teorico' era dotato di sensori e microscopio in miniatura per misurare il colore dei batteri, che gli dicevano dove e quanto veloce andare, a seconda del colore e della sua intensità. Insomma, gli facevano da guida. Il robot è stato anche capace di svolgere funzioni superiori, tipiche degli animali più sviluppati: quando i batteri lo dirigevano verso più cibo, questi faceva una pausa prima di terminare velocemente il suo compito. Un classico comportamento da predatore.

    Per i prossimi esperimenti, Ruder sta sviluppando dei robot reali, capaci di leggere l'attività genetica del batterio dell'Escherichia coli con microscopi a fluorescenza, e di rispondere a dei batteri realizzati in laboratorio. Comprendere la percezione e le interazioni biochimiche tra organismi può avere numerose applicazioni, dall'ecologia alla biologia e robotica. In agricoltura ad esempio, dei sistemi di batteri-robot potrebbero aiutare a esplorare le interazioni tra i batteri del suolo e gli allevamenti, mentre nell'assistenza sanitaria, controllando la fisiologia dell'intestino, si potrebbero avere batteri per trattare malattie fisiche e mentali.

     
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  15. KIARAREBEL
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    https://it.wikipedia.org/wiki/Simbionte_(M...l_Comics)[/size]

    Simbionte (Marvel Comics)

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    Simbionte (Symbiote in lingua originale) è il nome di una razza immaginaria di parassiti amorfi extraterrestri che compaiono nell'Universo Marvel. I simbionti avvolgono gli ospiti come costumi, creando un legame parassitario attraverso cui la mente dell'ospite può essere influenzata. Un simbionte in particolare, legatosi a Peter Parker, alias Spider-Man, è noto come Venom. In "Venom the Hunted" si scopre che i simbionti hanno dei predatori naturali alieni, gli Xenophage.
     
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